
ETF NATO. Chiunque può fare profitti investendo sulla guerra
L’alleanza USA-NATO agita lo spettro russo per gonfiare la bolla finanziaria degli armamenti. Con il nuovo ETF NATO, i cittadini comuni investono piccole somme in tante aziende della difesa con un solo prodotto, facile da gestire, guadagnando ogni volta che cresce la spesa militare nei paesi NATO. La crescita della spesa militare europea, incentivata dagli Stati Uniti e confermata dal vertice dell’AIA del 25 giugno, gonfia la bolla finanziaria nel settore della difesa a vantaggio delle aziende produttrici di armi e dei Big Three. Ad essa contribuiscono anche i piccoli risparmiatori tramite nuovi strumenti finanziari a basso costo, confezionati dai grandi fondi di investimento, gli ETF, un investimento “democratico” che integra i sempre più insostenibili redditi da lavoro mentre pretende di sostituire lo stato sociale, altra vittima sacrificale del riarmo, con rendita finanziaria sicura per chi investe nella guerra
Il recente vertice NATO, svoltosi a fine giugno 2025 all’Aia, ha segnato un momento chiave per l’Alleanza. I 32 Paesi membri hanno concordato un ambizioso nuovo obiettivo: destinare il 5 % del PIL alla difesa entro il 2035, suddiviso in 3,5 % per capacità militari effettive e 1,5 % per infrastrutture, cyber e resilienza.
Il summit ha ribadito l’impegno incrollabile all’Articolo 5, affinché un attacco a uno dei paesi membri equivale a un attacco a tutti, e ha puntato a eliminare le barriere al commercio di difesa per rafforzare la coesione industriale europea.
Sotto la pressione del presidente Trump la spesa da meno del 2 % è stata rivista fino al 5 %.

Solo la Spagna di Sanchez ha chiesto flessibilità rispetto all’obiettivo del 5% ed è stata per questo minacciata da Trump di sanzioni tariffarie mirate — fino a dazi doppi — se non allinea la propria spesa militare agli standard NATO, definendola “notorious (famigerata)” e rea di volersi godere un “free ride (viaggio gratis)” a spese degli altri alleati
Il summit ha inoltre confermato il sostegno continuo all’Ucraina, le tensioni con l’Iran, i rischi legati alla Russia, e le sfide in ambito cyber e la volontà di procedere ancora più decisamente verso la militarizzazione dello spazio (vedi Star wars. La militarizzazione dello spazio).
Al vertice dell’AIA, il segretario generale della Nato, Rutte, ha definito “trasformativo” il summit invitando l’Alleanza a passare a una “mentalità da guerra” e a “turbo‑caricare” la produzione di difesa e la spesa militare proclamando le ragioni del riarmo: «I nostri bilanci per la difesa devono aumentare (…) Oggi siamo al sicuro. Ma se vogliamo esserlo anche fra tre o cinque anni dobbiamo fare uno sforzo supplementare. Lo standard proposto per la spesa per la difesa è stato stabilito sulla base di fatti incontestabili. Insieme abbiamo fatto un inventario completo delle nostre lacune in termini di capacità e abbiamo studiato come colmarle; giovedì scorso i ministri della Difesa hanno approvato i nuovi obiettivi di capacità; ora spetta ai capi di Stato e di governo approvare la spesa standard per la difesa che ci permetterà di attuare tali obiettivi (…) Negli Stati Uniti, in Europa e in Canada abbiamo industrie eccellenti, ma non producono abbastanza velocemente. Devono quindi accelerare e dotarsi di nuove linee di produzione (…) Dobbiamo fare in modo che l’Ucraina sia nella migliore posizione possibile per resistere oggi all’aggressione non provocata della Russia, e in futuro, quando si concretizzerà un cessate-il-fuoco o un accordo di pace duraturo. L’obiettivo è fare in modo che Putin non si avventuri mai più in un’impresa di questa natura». Nel breve documento finale si legge tra l’altro che “Gli aiuti che contribuiscono direttamente alla difesa dell’Ucraina e allo sviluppo della sua industria della difesa saranno inclusi nel calcolo della spesa per la difesa degli Alleati.”
Trump, andando via, a vertice concluso, mentre saliva sul suo Air Force One, rispondendo a una domanda sul suo impegno verso l’Articolo 5 sulla difesa collettiva NATO, ha dichiarato nel suo solito stile di ambiguità strategica, della serie qui lo dico e qui lo nego (vedi L’ambivalenza strategica di Trump):
Dipende dalla tua definizione. Ci sono numerose definizioni dell’articolo 5, lo sai, giusto? Ma mi impegno a essere loro amico. … Mi impegno a salvare vite umane. Mi impegno per la vita e la sicurezza, e vi darò una definizione esatta quando arriverò lì. Non voglio farlo sul retro di un aereo.
esprimendo dubbi sulla assolutezza dell’Articolo 5, suggerendo che il suo rispetto “dipende dalla definizione”, pur affermando di essere “loro amico” e “impegnato a salvare vite e sicurezza”.
La guerra finanziaria allo stato sociale e il “soccorso” ai redditi da lavoro
La crescita della spesa militare europea (L’Armata Brancaleone europea dopo la mascherina indossa l’elmetto per salvare la finanza con i nostri risparmi), incentivata dagli Stati Uniti, gonfia la bolla finanziaria nel settore della difesa a vantaggio delle aziende produttrici di armi attraverso l’aumento del valore delle loro azioni, ma si diffonde anche tra il pubblico tramite nuovi strumenti finanziari a basso costo, come gli ETF, un investimento “democratico” accessibile anche a piccoli investitori e fondi pensione che rendono la finanziarizzazione del riarmo un fenomeno pervasivo, contribuendo a spostare l’asse del reddito dal lavoro alla rendita finanziaria. Il tutto nell’attuale contesto di debolezza del dollaro e di un debito americano insostenibile, con la Cina che cerca di gestire una transizione globale senza forzare verso uno scontro diretto.
Gli ETF (Exchange-Traded Funds) sono fondi d’investimento che si possono comprare e vendere in Borsa proprio come un’azione. Quando si acquista un ETF, si compra un “paniere” di titoli (ad esempio azioni, obbligazioni o materie prime) confezionato in modo da replicare un indice, come l’S&P 500 o il FTSE MIB allo scopo di riprodurre l’andamento di quel gruppo di titoli. Se l’indice sale o scende, l’investimento in ETF ne segue le sorti più o meno nello stesso modo.
Finanza per tutti. Sono facili da acquistare, relativamente sicuri, hanno costi contenuti ed evitano all’investitore di scegliere singoli titoli su cui puntare.
Gli ETF nel settore militare sono, perciò, fondi che investono in aziende legate all’industria bellica, alla sicurezza e alla tecnologia militare.
Chi compra uno di questi ETF, sta investendo in società che producono armi, aerei da guerra, sistemi missilistici, software di difesa, droni e tecnologie militari avanzate. Alcuni includono anche aziende che lavorano nella sicurezza informatica o nella militarizzazione dello spazio.
L’industria legata ai conflitti armati è strettamente legata alle tensioni geopolitiche nel mondo. Se i motivi di conflitto bellico crescono, questo settore ne riceve benefici assicurando buoni rendimenti.
Gli ETF del settore difesa stanno brillando ultimamente
Sul fronte europeo spicca l’ETF STOXX Europe Aerospace & Defense (EUAD) con un balzo di +59 % nel 2025 e +62 % da qualche mese a questa parte, grazie all’aumento della spesa militare di Germania, Francia e altri Paesi (vedi hellostake.com). Anche il Global X Defense Tech (SHLD), che include pure aziende tech e cybersecurity, segna una crescita strabiliante del +47–52 % nel 2025 etf.com. Infine, il VanEck Defense UCITS ETF, tra i principali a livello europeo, ha messo a segno +55 % nel 2024 e un ulteriore +8 % nei primi mesi del 2025 (vedi investopedia.com).

Il balzo dell’ETF STOXX Europe Aerospace & Defense (EUAD) grazie all’aumento della spesa militare di Germania, Francia e altri Paesi
L’iShares U.S. Aerospace & Defense ETF (ITA), che include giganti come Lockheed Martin, RTX e Boeing, ha guadagnato circa il 16 % nel 2024 e continua a salire nel 2025 (vedi mondoetf.it). L’Invesco Aerospace & Defense ETF (PPA) fa ancora meglio, con +26 % nel 2024 (vedi rankia.it). SPDR S&P Aerospace & Defense ETF (XAR) ha registrato performance simili, intorno a +15 % nell’ultimo anno. (vedi hellostake.com)
Sia in USA che in Europa, gli ETF di guerra più performanti quest’anno sono EUAD, SHLD, ITA, PPA e XAR, sostenuti dall’alimentazione delle tensioni geopolitiche, hausse militari e interesse verso tecnologie emergenti come cybersecurity e droni.
In Italia, il settore militare e della difesa ruota soprattutto attorno a Leonardo oltre ad aziende più piccole ma strategiche, come Elettronica S.p.A., che sviluppa sistemi di guerra elettronica, o Avio, che lavora nel campo dei motori per missili e razzi spaziali (anche in ambito militare).
Leonardo S.p.A. (ex Finmeccanica) è la principale azienda italiana della difesa. È attiva in tantissimi ambiti: produce elicotteri militari, radar, sistemi elettronici per la sorveglianza, cybersecurity e addirittura satelliti. È impegnata anche nel settore nucleare con l’azienda francese Framatome.
È uno dei principali fornitori del Ministero della Difesa italiano e partecipa a grandi progetti europei come il caccia di sesta generazione Tempest (insieme a Regno Unito e Giappone). Ovviamente presente nei mercati NATO, collabora con aziende come BAE Systems e Thales. Violando il Trattato di Non-Proliferazione, l’Italia non si limita a permettere lo schieramento sul proprio territorio di bombe nucleari statunitensi (le B61 12 ad Aviano e Ghedi), preparandosi a usarle su ordine USA ma tramite la Leonardo costruisce missili nucleari per l’arsenale francese (vedi E l’uranio per le centrali? E quello per le bombe?).
Fincantieri, pur essendo più conosciuta per la costruzione navale civile (come le navi da crociera), ha anche una divisione militare molto attiva: costruisce fregate, sottomarini e portaerei per la Marina Militare italiana e per altri Paesi. Collabora strettamente con Leonardo nei sistemi di bordo.
Leonardo S.p.A., risulta inclusa in vari ETF internazionali o europei legati alla difesa e all’aerospazio in ETF come iShares MSCI Europe Aerospace & Defense, VanEck Defense UCITS ETF, SPDR MSCI Europe Industrials UCITS ETF. Si tratta di ETF non esclusivamente italiani. Includono anche altre aziende del settore come BAE Systems (UK), Airbus (Francia/Germania) e Thales (Francia).
Obiettivo Geopolitico e Finanziario
Gli Stati Uniti mirano a far riarmare l’Europa per una guerra di attrito contro la Russia, con un obiettivo fissato al 2035. Parallelamente, c’è un importante obiettivo finanziario: fomentare una bolla nel settore militare industriale europeo.
Crescita dei Titoli del Settore Militare
I titoli delle principali aziende militari europee come Rheinmetall, Thales, Leonardo e BAE Systems sono in forte rialzo e sono ricercati alla stregua di beni rifugio, superando in sicurezza l’andamento di settori come il tecnologico o l’energetico.
Proliferazione degli ETF Legati al Riarmo
Questa crescita finanziaria si traduce in una rapida moltiplicazione di ETF (Exchange Traded Funds) specifici per il riarmo e la difesa.
ETF NATO (Themes Transatlantic Defense ETF)
Esiste un ETF che replica un indice NATO, che tiene conto delle spese militari dei paesi membri. Questo ETF ha registrato una crescita del 30% in poco tempo e ha un prezzo d’accesso relativamente basso (circa 15 dollari), rendendo il riarmo un’opportunità finanziaria ampiamente accessibile. L’ETF NATO funziona come una scatola che contiene azioni di aziende della difesa di Europa e Stati Uniti. Chi comprasse una quota di questo ETF, metterebbe i suoi soldi a favore di un gruppo di società che producono aerei militari, droni, sistemi radar, missili, satelliti, tecnologie spaziali e cybersicurezza. Dentro ci sono nomi famosi come Airbus, Boeing, Lockheed Martin, RTX e altre aziende che lavorano per gli eserciti dei paesi della NATO.
L’ETF segue un indice (il Solactive Transatlantic Aerospace and Defense Index) che serve da guida: se le aziende dell’indice salgono di valore, anche l’ETF NATO sale, e viceversa. Lo si può comprare e vendere in Borsa come se fosse un’azione.
Piace agli investitori perché quando la NATO aumenta la spesa militare, queste aziende ricevono più ordini, crescono e – in teoria – anche il valore dell’ETF aumenta a vantaggio degli investitori.
Con l’ETF NATO, investi in tante aziende della difesa con un solo prodotto facile da gestire, guadagnando quando cresce la spesa militare nei paesi NATO.
ETF sul Riarmo non solo Europeo
Ci sono 3-4 ETF specifici sul riarmo europeo e altri 4-5 sul riarmo in senso più generale. Esistono numerosi ETF costruiti su singole aziende come Rheinmetall (quasi 15, molti prodotti da Vanguard, che è anche azionista di Rheinmetall) e Leonardo (circa 10, anch’essi prodotti da Vanguard). Altri titoli hanno ETF prodotti da BlackRock. La vendita di questi ETF, che costano meno di 20 dollari/euro, è più facile rispetto all’acquisto di azioni dirette e garantisce una maggiore pervasività della finanziarizzazione legata al riarmo.
Si assiste ad una socializzazione del riarmo e ad una rendita finanziaria diffusa. Gli ETF permettono, infatti, di diffondere i benefici finanziari del riarmo a un pubblico più vasto, inclusi clienti di fondi e piattaforme, in pratica un modo per integrare il reddito per fasce crescenti della popolazione, una finanza creativa armata che sposta la dipendenza dai redditi da lavoro a una dipendenza dalla rendita finanziaria.
Finanza Passiva e Mancanza di Tracciabilità
Gli ETF sono facilmente inseribili in piani d’investimento, compresi i fondi pensione. Sono strumenti di finanza passiva a basso rischio e rendimento sicuro, rendendo difficile tracciare il collegamento diretto con le aziende produttrici di armi.
Cambiamento nelle Politiche dei Fondi Pensione
Fondi pensione importanti, come i principali danesi e olandesi, che prima avevano rigidi paletti sugli investimenti in settori come le armi e i combustibili fossili (in linea con principi ESG), hanno rimosso le loro barriere sulla parte riarmo, permettendo ora a chiunque di investire nell’industria delle armi. La guerra è diventata ambientalmente sostenibile…
L’idea che il riarmo europeo possa convincere Trump a non applicare dazi è ovviamente una illusione. Trump ha interesse a ridurre la spesa militare americana e a generare entrate tramite dazi, specialmente verso i paesi europei, ai quali impone dichiarazioni di ostilità verso Cina e Russia. I dazi, insieme alla debolezza del dollaro, danneggiano gravemente le imprese europee che esportano negli Stati Uniti. Il riarmo è parte di un disegno più ampio per costruire un settore protetto dove le aziende beneficiano di finanziamenti pubblici e i loro titoli diventano garanzie in un contesto economico caotico che vede ormai molti investitori ritirare i propri investimenti per parcheggiarli nel porto sicuro dell’oro.
Intorno ai titoli armati si sta creando un sistema diffuso di strumenti che veicolano questa opportunità a un pubblico più vasto, spostando l’asse della produzione di reddito e ricchezza dal lavoro alla rendita finanziaria. Questo rende i fondi e i prodotti finanziari indispensabili in un contesto di indebolimento dello stato sociale e delle pensioni pubbliche (vedi Armarsi a debito. La Finanza armata dell’Unione).
Fragilità del Dollaro e Insostenibilità del Debito USA
Lo status del dollaro come valuta di riserva globale si sta indebolendo (vedi Dollarizzazione digitale), dimostrato dal fatto che i soldi in fuga dal mercato azionario non sono finiti nei titoli obbligazionari statunitensi e i rendimenti sono rimasti alti anche durante le crisi geopolitiche.
Il conto interessi del debito americano è quasi raddoppiato in due anni, raggiungendo circa 1200 miliardi di dollari, rendendolo una situazione finanziaria molto grave e potenzialmente insostenibile. Dal 2020 gli USA non possono più ricorrere al quantitative easing a causa della fragilità del dollaro e devono trovare acquirenti per il loro debito per un valore di 9 trilioni entro la fine dell’anno.
Il debito americano continua a crescere esponenzialmente, superando i 36.000 miliardi di dollari. In questo frangente l‘Euro non è certo una valida alternativa internazionale al dollaro; la sua tenuta è dovuta alla debolezza del dollaro a cui è strettamente legato per la subordinazione e il servilismo ormai strutturale dell’Europa agli Stati Uniti così come alle politiche di austerità europee.
La Cina e i paesi BRICS non hanno un interesse immediato a forzare un crollo verticale del dollaro, in quanto ciò potrebbe portare a gesti irresponsabili da parte delle classi dirigenti occidentali. I BRICS + si limitano in questa fase e anche perché non sono ancora pronti a gestire pienamente un disaccoppiamento economico totale e sono giustamente restii, consapevoli del dilemma di Triffin, ad assumere il ruolo globale sin qui svolto dagli USA. I Brics+ per le loro transazioni tendono, nel frattempo ad un sistema di multipolarità valutaria (vedi Gli squilibri economici ristrutturano il mondo Rimettere in primo piano l’economia interna), con più valute utilizzate negli investimenti e nei regolamenti globali, in linea con gli obiettivi a lungo termine della creazione di una unità di conto globale alla stregua del Bancor proposto da J.L.M. Keynes a Bretton Woods (vedi Quale soluzione per squilibri economici che degenerano in guerra) che sarebbe la via d’uscita virtuosa dall’attuale sistema di dominio fondato sul dollaro che rischia ogni giorno di più di danneggiare il mondo intero ed in primis gli stessi Stati Uniti.
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