Emergenza Gas Esplosivo a 160 gradi sotto lo zero
Difficile immaginarlo se non ti è mai capitato di vederne uno. Un impianto di rigassificazione galleggiante (Floating Storage and Regasification Unit – FSRU) è una nave lunga più di tre campi da calcio, messi in fila, sul lato lungo… la sovrastano enormi gobbe sferiche, quali serbatoi frigoriferi (criogenici). Vorrebbero familiarizzare con una tale presenza i cittadini di Piombino e quegli avventori e/o turisti che non percependone la pericolosità si trovassero in visita presso Piombino/Venturina o anche solo di passaggio per imbarcarsi per l’Elba, a 10 km di distanza. Chissà come reagiranno i piombinesi e gli elbani quando dovessero farsi consapevoli del fatto che quei bomboloni saranno continuamente riempiti e svuotati con gas naturale mantenuto a 161 gradi sotto lo zero allo scopo di stiparne 600 metri cubi di gas aeriforme in un solo metrocubo liquido e che di metri cubi liquidi la barchetta arcobaleno (330 milioni di euro) che Cingolani annuncia, potrà contenerne 170mila di metri cubi. Il rischio vale perché se i piombinesi e gli elbani accetteranno con entusiasmo che, per almeno due anni, essa possa starsene parcheggiata e operativa nel loro porto, saremo in grado di essere più severi con la Russia e ottenere la pace nel mondo…
Gas naturale liquefatto. Perché liquefatto? Ma certo! Per poterlo trasportare più agevolmente con le navi gasiere! Sì, poi va riscaldato e riportato dallo stato liquido a quello più consueto per i gas a temperatura ambiente, lo stato gassoso. Niente di meglio allora che usare il calore dell’acqua di mare per scambiarlo con il gas liquido allo scopo di riportarlo allo stato gassoso. Il mare si raffredda un pò localmente e il gas riacquista il suo stato gigante, un metro liquido si espande e tornano i 600 gassosi. Un applauso agli ingegneri che hanno fatto la pensata.
Se si fa qualche conticino (2) avendo a riferimento la capacità dei bomboloni del rigassificatore di dimensioni intermedie, come quello della OLT, al largo della costa tra Pisa e Livorno, che è di 140 mila metri cubi di gas liquido (a Piombino 170mila), si capisce che l’unità di misura più opportuna per quantificarne il contenuto energetico a pieno carico è quello della bomba di Hiroshima. No, certo, senza considerarne la radioattività… Ecco, la nave a pieno carico porta un contenuto energetico pari a più di 50 bombe di Hiroshima, più di 60 nel caso di Piombino (3).
Pericoloso? Ma noooh…! O sì? Se si dovesse giudicare dalle precauzioni prese dalla capitaneria di porto di Livorno (1) forse qualche preoccupazione in più potrebbe insorgere negli abitanti di Piombino e dell’Elba (10 km da Piombino). Nel caso del rigassificatore OLT a 22 km dalla costa tra Marina di Pisa e Tirrenia ci siamo abituati a rispettare una zona circolare di interdizione totale di 7,4 km di diametro con al centro il rigassificatore OLT. Un’area di 43 chilometri quadrati, con al centro i bomboloni galleggianti, dove è vietato tutto: navigazione, sosta, ancoraggio e pesca, nonché qualunque attività di superficie o subacquea! A pattugliare la zona una nave guardiana (la LNG Guardian) vigile 24 ore su 24. Va un pò meglio, ma nemmeno tanto, in tutta una zona concentrica alla prima di 129 chilometri quadrati, una corona circolare con raggio compreso tra 3,7 e 7,4 chilometri, la zona di limitazione nella quale è vietato tutto però almeno ci passi se non hai troppa fretta. Devi mantenere una velocità inferiore a 10 nodi altrimenti scatta implacabile l’autovelox della LNG Guardian. Decisamente meglio se ti limiti alla zona di preavviso fra 7,4 e 14,8 chilometri, nella quale puoi concederti, se avessi delle buone ragioni e avverti la capitaneria, una sosta per necessità e/o emergenze. Basta far sapere come mai vuoi sostare proprio lì a 15 km dal rigassificatore in un punto qualsiasi di quest’area di 556 chilometri quadrati intorno ai bomboloni di mare, spiegando ragioni e motivazioni che ti spingono a questo azzardo, alla Capitaneria di porto di Livorno e loro capiranno…
Ad annunciare a piombinesi ed elbani che non c’è problema e che si può fare ci pensa il Cingolani che da una parte annuncia: a breve embargo al gas russo e dall’altra manda a dire alla Camera che saranno installati rigassificatori galleggianti su grandi navi ormeggiate nei porti di Piombino, Ravenna e altri e se lo dice lui è evidente che non c’è pericolo e che si può fare e che “quell’altri” avranno esagerato un pò e d’altronde non è mica covid.
Ma allora, signor Cingolani, cosa si intende per transizione ecologica? Forse che quel che vale per pisani e livornesi non vale un pò più a sud per piombinesi ed elbani? Ah, ecco, certo. Solo per due anni… tempo necessario per costruire l’infrastruttura necessaria a farlo operare “in sicurezza” al largo…
Chi prima di procedere volesse dare un’occhiata perlustrativa alle immagini che ci giungono dal mondo in merito a incidenti nei quali è coinvolto il gas liquefatto clicchi qui. Ovviamente, queste sono cose successe altrove. Da noi no, impossibile che possano accadere cose simili… Ci saranno tanti ingegneri, licenziati a Fukushima, disposti a giurare e a dimostrare che non c’è pericolo, tutto sotto controllo della scienza e della tecnica, sì, con qualche licenza in più, ma strettamente temporanea…
Come denunciato da Manlio Dinucci nel corso della puntata di Grandangolo del 3 giugno:
Le norme internazionali di sicurezza prevedono che i rigassificatori debbano operare lontani da qualsiasi porto o centro abitato. Tali norme vengono però completamente ignorate dal piano governativo, presentato dal ministro Cingolani, già in fase esecutiva. Perché il rigassificatore OLT galleggiante tra Pisa e Livorno, posto in mare aperto, a 22 km dalla costa, è reso inavvicinabile da severe misure fatte osservare dalla Capitaneria di porto di Livorno mentre a Piombino si prevede che possa essere piazzato, per soli due anni, si dice, ormeggiato e operativo nel porto, lato passeggeri?
L’emergenza d’altronde aiuta a trovare corsie preferenziali percorrendo le quali è possibile spianare qualsiasi ostacolo normativo in merito a sicurezza, ambiente o simili, che possano impedire gli affari dei soliti noti. Se prima, con la globalizzazione, certe cose era possibile farle solo in certi paesi ove non esistono, o se esistono si chiude un occhio, norme di sicurezza a salvaguardia di lavoratori, cittadini e ambiente, oggi, nell’epoca post globalizzazione, è possibile anche nei paesi di più antica industrializzazione, come accadeva agli inizi del capitalismo industriale. Per gente come Draghi e Cingolani si tratta di veri e propri progressi: basta con questi lacci e lacciuoli che impediscono gli affari…
Abbiamo visto come l’emergenza covid abbia accelerato, tramite procedura FAST TRACK la messa in commercio di vaccini OGM che avrebbero necessitato anni e non pochi mesi per essere usati in piena sicurezza, con notevole risparmio sui costi di produzione, a vantaggio dei proventi di Big Pharma. È bastato negare le cure e proporre l’unico rimedio possibile su scala globale, i vaccini. Sulla morbilità diffusa, a causa dei danni provocati dalla campagna vaccinale di massa, bigpharma sta già realizzando ulteriori e superiori proventi a quelli già ingenti realizzati grazie a produzione e vendita dei loro vaccini su scala planetaria.
Ecco lo schema per bypassare le regole e fare affari: creo un danno che genera un’emergenza, propongo il rimedio, che data l’urgenza, va imposto senza andare troppo per il sottile. (Ne avevo parlato nel mio Emergenza si declina al plurale).
Chi ricorda la lettera Fate Presto di J.C.Trichet e M.Draghi, con cui ci dicevano che dato lo spread, peraltro opportunamente provocato: «Il Consiglio direttivo della Banca centrale europea, ritiene che sia necessaria un’azione pressante da parte delle autorità italiane per ristabilire la fiducia degli investitori» anticipando il pareggio di bilancio in Costituzione, liberalizzando i servizi pubblici locali, adottando le riforme agevolanti la deflazione salariale, giungendo all’abbassamento del deficit dell’1% del PIL nel 2012 e ad un bilancio in pareggio nel 2013, principalmente attraverso tagli di spesa. «Sarebbe appropriata anche una riforma costituzionale che renda più stringenti le regole di bilancio» e «l’uso di indicatori di performance soprattutto nei sistemi sanitario, giudiziario e dell’istruzione», nonché l’abolizione delle Province. Come si vede le cosiddette riforme consistono nella richiesta di smontare lo Stato sociale, incoraggiare la deflazione salariale (Jobs Act), allungare l’età pensionabile (Fornero), in generale prosciugare ulteriormente la liquidità in circolazione per tenere bassa la domanda interna e mantenere così il sistema in deflazione permanente e in recessione; Riforme strutturali quali le privatizzazioni, riforme bancarie finalizzate alla svendita dei crediti incagliati e alla trasformazione delle BCC e delle Banche Popolari in società per azioni. e riforme fiscali finalizzate all’innalzamento delle aliquote; il tutto per assicurare l’oligarchia finanziaria sulla tutela del debito e la sua solvibilità da parte dell’Italia. L’azione concertata delle agenzie di rating e delle ingiunzioni della BCE hanno portato alle dimissioni del governo Berlusconi, cui è seguita una sequenza di governi non eletti direttamente ma risultato di una sorta di prove generali di commissariamento dell’Italia che hanno messo in cantiere e realizzato tutti i punti indicati nella lettera.
Oggi ci lasciano intendere che qualora ci si agitasse troppo, dati i fallimenti, i licenziamenti, l’inflazione a due cifre, la stagflazione, ecc. incipienti, potrebbero anche ricorrere a stati di emergenza più in linea con l’attuale stato marziale a cui hanno costretto il nostro Paese a furia di decreti legge ammessi con estorsioni seriali di fiducia ad un Parlamento ormai muto e servizievole. Ne parlavo nel mio Verso lo stato di emergenza marziale? Fuori l’Italia dalla guerra!
Analogamente oggi l’invio di armi, risorse finanziare, supporto logistico, sponsorizzato da Draghi, a favore dell’Ucraina, dove nel 2014 si provocò un opportuno colpo di stato neonazista, foraggiato dall’Occidente, ovviamente perché, a detta dello stesso Draghi: l’Occidente non può rinunciare a far valere ai suoi principi…
Quando l’emergenza si concretava in ITER AGEVOLATO
Era il 2006 quando, improvvisamente, si inscenò un’emergenza causata dalla presunta insufficienza del’approvigionamento di gas di cui avrebbe sofferto il nostro Paese che sembrava minacciato dalla impossibilità di scaldare adeguatamente le case degli italiani. L’allarme era stato lanciato dall’amministratore delegato dell’Eni Scaroni che prevedeva un calo delle forniture di gas sulle importazioni dalla Russia dell’8,1% e la riunione del consiglio dei ministri straordinario, del governo Prodi, per varare le misure necessarie per fronteggiare la “crisi”. Il 30 settembre “Il Sole-24 ore” pubblica un articolo dal significativo titolo “Rigassificatori, si all’iter agevolato“. Il decreto Bersani, coerente con il completamento del processo di privatizzazione e liberalizzazione in atto anche in campo energetico, ha avuto lo scopo di garantire il successo dell’iter autorizzativo dei rigassificatori estendendo la validità dell’articolo 8 delle legge 340/2000 dai siti industriali a tutti i siti richiesti, trasformando di fatto il mare in un sito industriale con buona pace degli ambientalisti blue o green che fossero.
Arriva la stagione invernale! Mancherà il gas per scaldare le nostre case! Era questo, infatti, il tenore dei titoli di giornale, dal 2005/6 in avanti. A spingere verso i rigassificatori erano stati a suo tempo, Prodi, Bersani, Letta, Pecoraro Scanio, Di Pietro, i quali facendo leva sull’assenza di un piano energetico nel nostro Paese ne proponevano uno estemporaneo fondato soprattutto su tanti rigassificatori sparsi sulle costa della penisola. Allora sembravano tutti pronti ed entusiasti ad accogliere le dieci domande di società straniere che chiedevano di costruire almeno dieci unità di rigassificazione galleggianti, in qua ed in là, davanti alle nostre coste. In particolare Di Pietro, l’allora ministro delle infrastrutture, affermava che per il 2008 avremmo avuto bisogno di 25 miliardi di metri cubi di gas in più, 29 miliardi, per il 2010… L’offensiva culturale che affermava quanto fossero auspicabili gli investimenti di capitali esteri sul nostro territorio sembrava raccogliere i suoi frutti più marci ed esplosivi.
Il rifiuto consapevole di buona parte della popolazione, quella più direttamente coinvolta, ed alcune importanti inchieste giornalistiche, tra cui quella di Report condotta, al tempo, da Milena Gabanelli, non riuscirono ad evitare la costruzione del rigassificatore Olt tra Marina di Pisa e Livorno a 22 chilometri dalla costa né l’Adriatic LNG a 15 chilometri dalla costa adriatica veneta, al largo di Porto Viro, in un’area tra le province di Ferrara e Rovigo. Ecco un estratto di Report A tutto gas del 2006:
E quindi se pressurizza può fare il botto…
A TUTTO GAS. EFFETTO DOMINO – RAI Report 2006
MICHELE BUONO (fuori campo)
E andiamoci dall’ingegnere, se serve per stare tranquilli. Il rigassificatore l’ha
progettato lui e il caso è di scuola. Vale per Taranto e per tutti gli altri porti italiani che
potrebbero ospitare questi impianti. La paura in questo caso ha un nome: effetto
domino. Cioè una reazione a catena da un impianto all’altro, in caso di incidente, fino
ad arrivare alla popolazione. Ingegnere quando il serbatoio Agip ha buttato fuori più di
30.000 litri di greggio il 1 maggio 2006, tutto a posto se qui ci fosse stato il vostro
rigassificatore?
LUIGI SEVERINI- ingegnere
Il materiale che si è sversato non poteva prendere fuoco per semplice scintillio, noi
sappiamo perfettamente che ci sono alcuni prodotti che prendono fuoco per semplice
contatto con una scintilla. Non ci sono quei materiali in quell’area, ci sarebbe voluto
una causa di innesco ben più forte, una fiamma, un qualcosa di potenza termica un pò
più importante che non una semplice scintilla.
MICHELE BUONO
Io le ho posto questa domanda perché ho chiesto un parere a un chimico e mi ha
detto che quel tipo di combustibile, è un combustibile di classe A, altamente
infiammabile a temperatura ambiente.
LUIGI SEVERINI- ingegnere
Certo.
MICHELE BUONO
Quindi è altamente infiammabile. Quindi poniamo questo scenario perché bisogna
pensarle tutte
LUIGI SEVERINI- ingegnere
Sì ma occorreva un innesco localizzato, già la distanza della ferrovia è tale che in area
di ferrovia poteva arrivarci il vapore di quella sostanza. Ora un vapore prende o no
fuoco a seconda della concentrazione che ha rispetto al comburente, all’aria, è
evidente che se siamo diciamo così sfortunati che siamo in condizioni stechiometriche
cosiddette tali da fare innescare…certamente può accadere, però diciamo in
generale…
MICHELE BUONO (fuori campo)
Può accadere però in generale non accade. Certo. Ma nelle ipotesi di rischio bisogna
considerare tutto. E a questo punto chiedo all’ingegnere se si può prendere in
considerazione l’ipotesi di spostare l’impianto a mare, a largo della costa.
LUIGI SEVERINI- ingegnere
Sono convinto che gli impianti a terra sono molto più sicuri degli impianti a mare.
MICHELE BUONO
Perché non si sente sicuro a mare lei?
LUIGI SEVERINI- ingegnere
Non mi sento sicuro a mare perché, ripeto, le caratteristiche operative di un impianto
off shore sono meno garantite, meno sicure di quelle di un impianto a terra.
MICHELE BUONO (fuori campo)
Poi finita l’intervista, mentre giravo dettagli di altre immagini, l’ingegnere precisa i
suoi timori sugli impianti di rigassificazione messi a mare.
LUIGI SEVERINI- ingegnere
Se va a finire in mare un serbatoio si ha un riscaldamento incontrollato del gnl che sta
dentro.
MICHELE BUONO
E quindi?
LUIGI SEVERINI- ingegnere
Quindi se pressurizza può fare il botto.
MICHELE BUONO
E lì c’è l’evento catastrofico.
LUIGI SEVERINI- ingegnere
Lì c’è l’evento catastrofico. Perché il problema è che stiamo parlando di attività
ultrasicure se gestite dall’uomo, non si ha dubbio che anche le criticità vengono risolte
a terra ma una volta che ti sfugge il controllo dell’impianto, che il serbatoio non è più
tuo, che è stato preso e messo a bagnomaria, come fai a garantire più la sicurezza?
MICHELE BUONO
Quindi anche se un impianto è distante, il botto che succede può interessare
LUIGI SEVERINI- ingegnere
Sono quantità di liquido enormi, stiamo parlando di due serbatoi fanno 280.000 m3
moltiplicati per seicento volte.
MICHELE BUONO (fuori campo)
Ma 280.000 m3 di gas liquido a pressione dentro due serbatoi, moltiplicati per 600, se
cascano in mare, diventano all’improvviso 168 milioni di m3 di gas che fanno il botto
dentro i serbatoi, come ha detto l’ingegnere. E il 23 febbraio 2006 il ministero delle
Attività Produttive ha autorizzato la costruzione di un rigassificatore galleggiante sul
mare, proposto dalla società Olt, di fronte a Livorno, per produrre 8 miliardi di m3
l’anno di gas. E’ lungo più di tre campi di calcio e alto come 12 piani di un palazzo.
MARIO MARTELLI- ingegnere
Qui siamo al centro di un parco marino, al bordo di questo parco, a circa 500 m dal
bordo nord ovest del parco, in quella direzione là, grosso modo, dovrebbe sorgere il
rigassificatore.
MICHELE BUONO (fuori campo)
E impianti così, galleggianti in mezzo al mare, in tutto il mondo non ne sono stati mai
fatti. Chissà perché?
MARIO MARTELLI- ingegnere
Per esempio al seguito del fluttuare della nave si può arrivare a una variazione di
stato, per cui il gas passa da liquido a gassoso all’interno della nave, anche se ci sono
dei dispositivi per evitare questo fatto, e quindi si può arrivare a uno scoppio delle
cisterne con fuoriuscita di nuovo del gas. Questo gas si vaporizza perché l’acqua di
mare cede calore e si vaporizza anche piuttosto rapidamente e si formano nubi, le
quali nubi possono incendiarsi in loco, per esempio arrivano i soccorritori, una scintilla
e si incendia tutto.
MICHELE BUONO
Quindi una nube che si incendia per aria e che cammina pure?
MARIO MARTELLI- ingegnere
Le nubi, come tutte le nubi di questo mondo, son trasportate dal vento.
MICHELE BUONO
E quindi una nube di fuoco?
MARIO MARTELLI- ingegnere
Sì ma potrebbe anche accadere che inizialmente la nube non si incendiasse, fosse
trasportata dal vento e arrivasse per esempio all’impianto petrolchimico di Livorno, lì
ci sono dei cerini, delle fiaccole che la incendierebbero inevitabilmente.
MICHELE BUONO (fuori campo)
Insomma ancora una volta il pericolo dell’effetto domino in caso di incidente, cioè la
reazione a catena da un impianto all’altro fino a coinvolgere la popolazione. Ed
impianti a rischio di incidente rilevante in Toscana ce ne sono 18 di cui la maggior
parte concentrati nell’area Livorno Collesalvetti.
MASSIMO DE SANTI-fisico ex responsabile Energia Regione Toscana
Qui l’industria chimica con sostanze tossiche pericolose, qui alle nostre spalle, invece,
il Deposito Costiero gas con i grandi serbatoi e come si vede con tutti i camion che
continuano a uscire e trasportare la sostanza del gas liquefatto in mezza Italia e sono
altamente infiammabili. Dall’altra parte, di fronte abbiamo la raffineria di petrolio
Stanic che è una delle più grandi d’Italia. Dopo l’industria chimica e i depositi di gas
abbiamo anche la Tosco Petroli. Qui c’è la base militare di Camp Darby, la base
logistica più grande d’Europa in cui si trovano esplosivi e armamenti di ogni tipo ma nessuno esattamente sa che cosa c’è perché è soggetta a segreto militare.
Evidentemente in caso di incidente catastrofico la base sarebbe coinvolta per effetto
domino.
Se a Piombino si è avuta qualche reazione preoccupata, anche da parte del primo cittadino, Francesco Ferrari, a Ravenna è stato sufficiente sapere che lo si costruirà fuori porto per allargare le braccia ed accoglierlo senza alcuna diffidenza.
Ravenna coraggiosa non si lascia spaventare
Il presidente Bonaccini cerca di convincere, facendo leva sul caro bolletta e sulla necessità della transizione green. Evidentemente nessuno gli ha spiegato nulla in merito agli altissimi costi (*) del gas naturale liquefatto né sui danni ambientali connessi alle tecniche di estrazione: “Il soddisfacimento del fabbisogno energetico nazionale, nell’ambito dell’emergenza internazionale in corso, e il sostegno immediato a famiglie, aziende e filiere industriali alle prese con un caro bollette senza precedenti è una priorità assoluta e l’Emilia-Romagna intende fare la sua parte, al servizio del Paese – . Così come vogliamo metterci alla testa dell’accelerazione della transizione ecologica ed energetica, realizzando quegli investimenti pubblici e privati per le rinnovabili che sole possono assicurare all’Italia maggiore autonomia, autosufficienza e sostenibilità”.
Gli fa eco il sindaco di Ravenna, Michele de Pascale che propone di impacchettare il rigassificatore con un parco solare ed impianti Ccus Carbon Capture Use and Storage quelli che ti permettono di continuare a produrre CO2 che poi tanto la catturi e la immagazzini… L’impacchettamento dovrebbe rendere più appetibile e digeribile ai ravennati il pacco governativo: “L’incontro è stato estremamente positivo – – finalmente dopo molti anni ho avuto la percezione che il Governo inizi a rendersi conto dell’enorme potenziale e know-how presente a Ravenna in termini di sicurezza e transizione energetica. La grave crisi energetica che si è aperta e la necessità di implementare le quote di gnl con nuove capacità di rigassificazione, ha portato obbligatoriamente il Governo italiano a guardare all’hub di Ravenna come una possibile localizzazione, ma grazie all’incontro promosso dal presidente Bonaccini, siamo riusciti ad affrontare in maniera complessiva le quattro proposte sull’energia che ho lanciato qualche giorno fa. Rilancio della produzione nazionale in alto adriatico, collocazione di un Fsru, parco eolico/solare da 700 mw, Ccus. Quindi è massima la disponibilità di Ravenna“.
Quanto “green” è il gas liquefatto
Secondo la valutazione del centro studi francese Carbone 4 – il GNL rispetto al gas convogliato comporta emissioni equivalenti di CO2 due volte e mezzo maggiori rispetto a quelle emesse dal gas che arriva via gasdotto. Ed è il trasporto via mare, in particolare, a presentare più di una criticità. In termini di emissioni, inoltre, il 21% di quelle del GNL derivano dalle fasi di liquefazione, trasporto e rigassificazione, tutti passaggi in più rispetto all’impiego diretto del gas naturale aeriforme.
Utilizzando 18 indicatori di sostenibilità si scopre che lo shale gas è tra le fonti energetiche meno sostenibili.
Chi ricorda Viareggio?
Una goccia (3), il gas di petrolio liquefatto (GPL) nei carri cisterna ferroviari, rispetto all’oceano di gas naturale liquefatto (GNL), immagazzinato in una nave adibita a rigassificatore (FRSU); una goccia che fu in grado di scatenare un inferno, presso la stazione di Viareggio, nella mezzanotte del 29 giugno di 13 anni fa, che coinvolse anche abitazioni civili, un inferno di fiamme e fuoco nelle quali persero la vita 32 persone e ne rimasero ferite 25.
Chi ricorda il Moby Prince?
Quel che Cingolani propone a Piombino e Ravenna fa venire in mente brutte associazioni con altre tragedie troppo velocemente rimosse ma che è bene riportare a mente. Sì, certo non si tratta del porto di Livorno con il suo:
” intenso traffico di navi militari e militarizzate degli Stati uniti, che riportano alla base Usa di Camp Darby (limitrofa al porto) parte delle armi usate nella prima guerra del Golfo. Ci sono anche altre misteriose navi. La Gallant II (nome in codice Theresa), nave militarizzata Usa che, subito dopo l’incidente, lascia precipitosamente la rada di Livorno. La 21 Oktoobar II della società Shifco, la cui flotta, donata dalla Cooperazione italiana alla Somalia ufficialmente per la pesca, viene usata per trasportare armi Usa e rifiuti tossici anche radioattivi in Somalia e per rifornire di armi la Croazia in guerra contro la Jugoslavia“.
(M. Dinucci – il manifesto, 12 aprile 2016)
Rimane tuttavia inevitabile, per chi ha subìto o per chi avesse semplicemente ricordo di quei fatti, la domanda: e se al posto del Moby Prince ad essere coinvolta, in una eventuale collisione, fosse un giorno che speriamo non arrivi mai, una nave gasiera?
(2) 140 mila m3 x 1000 litri/m3 x 24 MJ /litro =3.36 miliardi di MJ che rapportato a 15Kt (circa 60 milioni di MJ) dà il contenuto energetico di 53,5 bombe di Hiroshima. Si noti che molte super petroliere trasportano contenuti energetici assai più alti ma è a tutti nota la pericolosità del gas per la facilità con cui si infiamma rispetto al petrolio che pure, sversato in mare, è in grado di procurare disastri ma di tutt’altra natura.
(3) Una cisterna adibita al trasporto di GPL può avere una capacità variabile da 60 a 120 metri cubi da confrontare con capacità che vanno da 140 a 266 mila metri cubi oltretutto di gas liquefatto con un rapporto di compressione da 600 metri cubi gassosi a 1 metro cubo liquido… Un confronto più adeguato è possibile se si considera il contenuto energetico nei due casi. Il rigassificatore (LNG) a pieno carico ha un contenuto energetico qualche migliaio di volte superiore a quello dei carri cisterna adibiti al trasporto di GPL.
(*)
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terrificante quello che prospetti.. siamo intrappolati nelle grinfie di gente senza scrupoli che dobbiamo combattere informandoci e resistendo alle loro menzogne quotidiane.
temo che se non ci diamo una svegliata collettiva il nostro Paese sarà perduto.
sì, esatto. Le persone appaiono ormai stanche e asuefatte. In pochi leggono, cercano di capire, reagire…
Rimozione sistematica anche di fronte al peggio.
Facciamo tutto il possibile con tutta la fede necessaria
Un caro saluto cara Floriana.
Beh …. Guarda i vantaggi … Raffreddando l’acqua di mare combatteranno il Global Worming Antropico !!! 😎