Un Paese incateNATO

Febbraio 10, 2019 0 Di Francesco Cappello
SE SETTANTA VI SEMBRAN POCHI

Settanta anni di pace! È l’esultante slogan diffuso dalla NATO, a sintesi e bilancio della ricorrenza del settantennale della sua fondazione. Da 3 a 400000 vittime di guerra all’anno, per settanta anni, il numero reale di uccisi causato dall’accoppiata USA-NATO; una finta pace fatta di guerre reali, colpi di stato e operazioni sovversive di varia natura, effettuate su scala globale, dal ’45 ad oggi. Venti – trenta milioni di uccisi, il bilancio complessivo, da moltiplicare per 10, se nel conto si volessero includere i feriti, evitando, tuttavia, di far menzione delle centinaia di milioni di vittime provocate dagli effetti indiretti delle guerre: carestie, epidemie, migrazioni forzate, schiavismo e sfruttamento, danni ambientali, sottrazione di risorse ai bisogni vitali per coprire le spese militari. Il terribile bilancio risulta dal resoconto di una circostanziata ricerca di James A. Lucas apparsa recentemente sulla prestigiosa rivista internazionale Global Research.

All’Italia del secondo dopo guerra non è stata perdonata la sua volontà di forzare i vincoli imposti dal trattato di pace del ’47. La classe dirigente di allora è stata fortemente ostacolata nell’esercizio di una politica autonoma e sovrana. Ciò si è reso evidente in quell’area di naturale pertinenza dell’Italia: i paesi del mediterraneo, del nord Africa e del vicino Oriente con i quali il nostro Paese aveva intrecciato relazioni di buon vicinato che gli permisero la ricerca autonoma di fonti di approvvigionamento, nel rispetto dei paesi produttori, in un rapporto che agevolava il reciproco sviluppo. Come è noto a E. Mattei non fu perdonata la sua capacità di realizzare accordi di partenariato commerciale in territori che erano stati di esclusiva competenza inglese, francese o americana, essendo stato in grado di proporre condizioni molto più favorevoli ai produttori (il 75% dei proventi delle estrazioni). Né fu perdonata ad Aldo Moro, definito l’amico degli arabi, la sua autonoma politica estera in quegli stessi paesi, come denunciano documentatamente Cereghino e Fasanella nel loro Colonia Italia (Chiarelettere, 2015). Oltretutto, nell’Italia di quegli anni, cresceva un fortissimo partito comunista che aveva trovato un interlocutore forte in quella parte più sana della democrazia cristiana rappresentata da Moro e dalla corrente che rappresentava.

Entrambi interpreti integrali della Carta Costituzionale. Andavano fermati.
Ci hanno pensato organizzazioni paramilitari come Gladio, promosse e gestite dalla NATO (l’addestramento dei gruppi neofascisti avveniva nella base NATO di Livorno – Camp Darby), apparentemente per contrastare quell’ipotetico pericolo di invasione da parte dell’URSS, temuto negli anni della guerra fredda. Più realisticamente, Gladio operò quale esercito clandestino per la sovversione interna col compito di intervenire, ogni volta che il Paese minacciasse di muoversi troppo a sinistra, per rimetterlo su più giusti binari. Braccio armato di quella più generale offensiva culturale contro le politiche di welfare, ritenute foriere di crisi economiche, a favore di privatizzazioni generalizzate e della concentrazione della spesa pubblica unicamente su quella militare. Per tali obiettivi non hanno avuto remore ad utilizzare le organizzazioni criminali mafiose (la mafia è tuttora protetta dall’art. 16 del trattato di pace del 47- vd op. di Cereghino e Fasanella) e i servizi di intelligence che hanno usato tra i tanti, quale strumento privilegiato, lo stragismo e il relativo terrorismo rosso e nero i quali hanno dilaniato il nostro Paese da Portella della Ginestra in poi (si veda Coup D’Etat in via Fani – La Nato contro Moro e Iozzino di C. D’Adamo e J. Hepburn, 2018).

Il nostro territorio è occupato per esteso da servitù militari: sono complessivamente 114 le basi USA-NATO, tra navali, aeree e di terra. In Sardegna, i poligoni di tiro che minano la salute dei cittadini e gli equilibri degli ecosistemi locali. Il MUOS in Sicilia. Tutti i nostri porti e aeroporti a disposizione delle forze aeree e navali statunitensi. Un paese non nucleare che ospita 70 bombe nucleari B61 (Aviano e Ghedi) in via di sostituzione con la più moderna B61-12, prima bomba nucleare a guida di precisone, dotata di capacità penetrante, per esplodere sottoterra, così da distruggere i bunker dei centri di comando nemici. Un’arma nucleare, con finalità strategica, trasportabile dai caccia F-35 che contribuiamo a produrre. Violiamo, quindi, il Trattato di Non-Proliferazione delle armi nucleari che pure abbiamo ratificato. Le spese militari italiane, mai prese di mira da alcun programma di austerity che non si fa scrupolo di aggredire quella parte della spesa pubblica a supporto del welfare, ammontano a circa 70 milioni di euro al giorno da estendere almeno a 100, a soddisfazione della richiesta NATO che giudica insufficiente la spesa degli alleati europei.

“Qualunque cosa si faccia per abbassare la spesa pubblica è ben fatta eccetto che
per alcune spese molto selezionate come quelle per la difesa militare di cui abbiamo
reale necessità”

A fare questa affermazione è stato Milton Friedman, definito “l’eroe della libertà” consigliere delle politiche economiche del dittatore Pinochet e ispiratore delle attuali politiche economiche iperliberiste della Ue.

La motivazione principale, il faro, guida di padri e madri costituenti, che la guerra l’hanno conosciuta da vicino, è stata la volontà di salvarci dal coinvolgimento in altri conflitti mondiali. La nostra Carta, varata nel 48, è la Costituzione di un Paese che da allora in avanti non si sarebbe più schierato, manifestando la volontà di mantenersi in posizione neutrale rispetto a futuri eventuali conflitti; un Paese, un popolo, che sentiva di ripudiare profondamente la guerra come mezzo di offesa o di risoluzione dei conflitti, che avrebbe accettato di aderire ad organizzazioni sovranazionali solo se caratterizzate da un ordinamento atto ad assicurare la pace e la giustizia fra le Nazioni, in condizioni di parità con gli altri Stati.
La NATO, sorta a scopi che dovevano essere esclusivamente difensivi, è sempre stata ad esclusivo ed indiscusso comando USA. È del ‘49 la adesione dell’Italia come Paese fondatore. Cinquanta anni dopo parteciperemo, ancora una volta come fondatori, alla istituzione dell’Unione Europea, anch’essa sorta con finalità di pace. Tuttavia in questi giorni ricorre, insieme al ventennale di quella istituzione sovranazionale oggi chiamata Unione Europea (21 su 27 paesi della Ue aderiscono alla NATO), anche quello della prima guerra NATO, post guerra fredda e nel cuore dell’Europa, che ha disarticolato la Federazione Iugoslava e massacrato la popolazione civile. Per tale guerra è stato fondamentale il ruolo svolto dalle basi Usa/Nato. Dall’Italia (governo D’Alema) decollarono la maggior parte dei mille aerei che, in 78 giorni, effettuarono 38mila sortite, sganciando 23 mila bombe e missili sulla Serbia e il Kosovo.
Quale rapporto tra questi tre fondamentali eventi storici, di cui siamo stati protagonisti principali, oggi che la NATO si è estesa ad EST comprendendo altri paesi oltre a quelli che aderivano all’ex patto di Varsavia (1955, 1991), tutti ormai paesi schieranti basi NATO sino a ridosso dei confini con la Russia?
La Federazione Russa, un vicino di casa che ha dato un tributo enorme di vite (26 milioni le vittime dell’URSS nel secondo conflitto mondiale) nella lotta al nazismo, è oggi tenuta a distanza da una Europa sempre più lontana, ostile e provocatoria.

Quando il nemico universalmente riconosciuto, individuato nella Unione Sovietica, è caduto, il complesso militare industriale USA ha scelto di sostituirlo col terrorismo internazionale, inaugurato l’11 settembre del 2001. È di questi giorni l’annuncio della convocazione di una Gran Jury (https://www.lawyerscommitteefor9-11inquiry.org/ ) nella procura distrettuale di New York per riaprire l’inchiesta sull’11 settembre e mettere finalmente in discussione la tragicamente ridicola versione ufficiale degli eventi che hanno cambiato il corso della storia dell’umanità. D’ora in avanti non sarà così facile definire tesi complottiste la ricostruzione reale dei fatti a cui hanno lavorato per anni quasi tremila tra architetti, ingegneri e fisici (vedi https://www.ae911truth.org/).

La presunta violazione russa del trattato INF (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty) sarà strumentale alla reintroduzione in Europa di quei missili, a testa nucleare e a gittata intermedia, analoghi ai cruise e ai pershing degli anni ’80; essi raggiungono i loro bersagli in 5-11 minuti, un pò come se la Russia schierasse in Messico missili nucleari puntati sugli USA. Mosca, a sua volta, accusa Washington di aver costruito lo scudo spaziale in Polonia e Romania: tali missili erroneamente ritenuti intercettori a scopo di difesa sono, in realtà, rampe utilizzabili come arma di attacco per il lancio di missili da crociera a testata nucleare. Definiti significativamente euromissili, trattasi di una categoria di missili nucleari a gittata intermedia (tra 500 e 5500 km), con base a terra, che erano stati eliminati col Trattato INF del 1987 voluto da Ronald Reagan e Michail Gorbačëv. La risoluzione presentata dalla Russia sulla «Preservazione e osservanza del Trattato Inf» all’Onu, è stata respinta con 46 voti contro 43 e 78 astensioni. Come prevedibile l‘Unione europea si è uniformata alla posizione USA-Nato. Il recente Consiglio NATO, con i ministri della Difesa dell’Unione cui ha partecipato la ministra Elisabetta Trenta, ha dichiarato che «il Trattato Inf è in pericolo a causa delle azioni della Russia» fatto che «costituisce un serio rischio per la nostra sicurezza». Pieno appoggio al ritiro, prossimo venturo, dal trattato, non solo dell’Italia, ma di tutti gli alleati europei della NATO.
Se l’Europa sarà teatro di guerra nello scontro prossimo venturo, tale guerra sarà gestita dall’intelligenza artificiale; algoritmi che prendono decisioni automatiche secondo schemi preventivati in risposta alle variazioni dell’ambiente con cui interagiscono, un pò come accade nelle odierne transazioni speculative mediate da algoritmi finanziari. Quando si entra in guerra, la politica delega la gestione del conflitto ai militari, che a loro volta si affidano ai loro piani gestiti dall’intelligenza artificiale secondo schemi e scenari sui quali hanno imbastito le loro esercitazioni; la guerra nucleare, infatti, non la si può pensare mentre la si fa. Essa procederà secondo un suo fatale automatismo che ci condurrà in uno stato senza ritorno. I sistemi di allarme atti a scrutare 24 ore su 24, terra, cielo e mare, man mano che si riducono i tempi di volo dei vettori nucleari (oggi a meno di 10 minuti), costringono alla riduzione dei tempi della risposta ottenuta tramite la codificazione automatica delle decisioni. L’unico modo di rispondere adeguatamente, nella logica del first-strike nucleare, è, perciò, quello di automatizzare la risposta affidandola alla “intelligenza” artificiale di cui sono dotati i computer di nuova generazione. In questa situazione una guerra nucleare potrebbe scoppiare anche per fattori accidentali in seguito a falsi allarmi gestiti dal sistema come reali. In passato, quando l’intelligenza artificiale era solo nelle menti dei ricercatori ne sono avvenuti tantissimi, nell’ordine delle migliaia, alcuni dei quali molto rischiosi.
Sarà bene, finché siamo in tempo, che alla razionalità artificiale inscritta negli algoritmi “intelligenti”, alla governance militare come a quella economica e politica, si torni a sostituire la ragionevolezza e la saggezza umana frutto di consapevole ponderazione democratica.

L’Italia è ormai una enorme base USA/NATO che si protende nel mediterraneo. Impegnati in 33 missioni in 22 paesi. Siamo stati, più che alleati, complici delle aggressioni militari, alla federazione Jugoslava, all’Iraq, alla Libia ecc. ciascuna preceduta dalla demonizzazione simbolica del Dittatore, l’Hitler di turno, che di volta in volta doveva essere abbattuto (Milosevic, Saddam Hussein, Gheddafi, Assad). In Europa “la difesa“ non è più risultato della decisione politica. La politica ha abdicato e rimosso il suo ruolo, lasciando ogni decisione su questo tema nelle mani dei tecnici della “difesa“ e, cioè, integralmente nelle mani della NATO che, essendo a comando USA, decide e dispone secondo le proprie criminali agende sul territorio europeo.
In troppi credono che in Italia non siano schierate armi atomiche. Avere in dotazione armi di questo tipo ci espone a ritorsioni nucleari. Si potrebbe pensare che il vecchio “equilibrio del terrore” ne impedisca l’uso. Questa nuova generazione di armi nucleari è però costruita “simpaticamente“ per superare questo fastidioso ostacolo, mirando a far guadagnare ai paesi NATO una supremazia di primo attacco, talmente fulminea e ben strutturata (first-strike nucleare), da aspirare alla capacità di paralizzare qualsiasi reazione del nemico che si prevede di attaccare affidandosi, tra l’altro, allo scudo spaziale in costruzione nell’area europea. La war games americana ha, infatti, previsto che lo scontro si svolga in territorio europeo. Ormai, quasi tutti i paesi dell’Est che facevano parte del blocco sovietico, sono stati convertiti alle istanze NATO sino al confine con la Federazione Russa. Essi ospitano sul proprio territorio basi militari e logistica dell’alleanza più potente al mondo sotto comando USA, in aperta contraddizione con la retorica corrente la quale racconta come il fine più nobile della costruzione europea sia la pace. Da ultimo il colpo di Stato sotto regia USA/NATO in Ucraina a danno del presidente V. Yanukovych.
Andriy Parubiy, cofondatore, nel ’91, del partito nazionalsociale, capo delle formazioni paramilitari neonaziste verrà promosso a capo del Consiglio di difesa e sicurezza nazionale e ricevuto con tutti gli onori dalle nostre più alte cariche istituzionali. (per una ricostruzione più completa vedi Guerra Nucleare di M.Dinucci -Zambon – 2018)

Che lo scontro possa rimanere confinato al territorio europeo è cosa dubbia. Gli Stati Uniti, ricordiamolo, hanno quasi 700 basi in più di 70 paesi del mondo. È il loro Dipartimento della Difesa, a dichiarare di controllare 179 basi militari in Germania, alcune centinaia in Europa e 109 in Giappone, 4000 sul proprio territorio.

Mairead Maguire (Premio Nobel per la Pace), alla Prima Conferenza Internazionale Contro le Basi Militari USA/NATO, che si è svolta di recente a Dublino, così si esprime:

«La NATO doveva sciogliersi con la dissoluzione del Patto di Varsavia.
Io credo che la NATO vada smantellata. Dovrebbe essere reputata responsabile
per la morte e il ferimento delle milioni di persone coinvolte nei conflitti. Le forze
della NATO hanno colpito e assassinato individui e intere famiglie. È la vergogna
della intera comunità internazionale. La NATO dovrebbe essere portata innanzi
alla Corte Penale Internazionale per crimini di guerra»

Una macchina bellica, preceduta e coadiuvata da una complementare macchina della propaganda, una fabbrica del consenso e di alibi “umanitari“, diffusi dai mezzi di informazione mainstream, capace di inventare e costruire a fini sovversivi la realtà; controlla l’opinione pubblica in modo sistematico, con sapienza scientifica, costruendo ad arte pretesti strumentali alla legittimazione dei suoi interventi distruttivi, facendo della nostra ignoranza o falsa conoscenza, la sua forza. Esperta nell’indurre paura e terrore a giustificazione della sua stessa esistenza; il tutto al fine del perseguimento di un unico, dichiarato, ossessivo, quanto criminale, obiettivo: la riaffermazione, ad ogni costo, della egemonia statunitense nel mondo, la realizzazione del “Nuovo secolo americano“ che oggi assume l’ulteriore forma della competizione per il controllo delle risorse del continente africano e la lotta per la riaffermazione del dollaro, quale unica valuta di riserva internazionale. La Cina sin dagli anni ’90 ha aspirato ad affermare un suo benchmark di prezzo per il greggio, in grado di competere con il Brent, il Wti e il Dubai-Oman, riferimento prevalente in Asia. Ha varato allo scopo un nuovo future che ha tutta la potenzialità necessaria a minacciare lo strapotere dei petrodollari. Diversi produttori di petrolio, tra cui la Russia, l’Iran o il Venezuela hanno cominciato ad utilizzarlo per evitare le transazioni in dollari con la Cina [1].
È, perciò, divenuto necessario impadronirsi del petrolio Venezuelano (maggiore riserva al mondo) ai fini del controllo del mercato energetico mondiale in funzione anti-Russia e anti-Cina. Esplicito, di conseguenza, il piano di abbattimento anche del governo Maduro in Venezuela con il riconoscimento da parte di Trump di Juan Guaidó a «legittimo presidente». Invariata la strategia adottata da USA e NATO, messa ora in opera in Venezuela, la stessa di quella realizzata in Libia, o in Siria: infiltrazione di “ONG“ Usa che sostengono, finanziandoli abbondantemente, progetti di «difesa dei diritti umani e della democrazia», penetrazione di forze speciali e mercenarie che gettano benzina sui focolai interni di tensione provocando scontri armati e un’apparenza di guerra civile tra forze civili e governative, accuse al governo di gravi violazioni dei diritti umani, hitlerizzazione di capi di Stato e di governo e “interventi umanitari“ di coalizioni NATO a guida USA.

Il progetto egemonico statunitense confligge oggi con la necessità di instaurare un nuovo ordine internazionale che tenga conto delle realtà e delle esigenze di attori emergenti su scala globale, in particolare, Russia, Cina, India. Un parto difficile, il cui possibile aborto potrebbe facilmente risolversi, a detta di molti analisti, nello scatenamento della terza guerra mondiale. La linea di frattura tra il vecchio e il nuovo ordine passa per il Medio Oriente dove, dopo la demolizione dello stato Iracheno e il tentativo di portare a termine quella della Siria (decisamente frenato dall’intervento russo), è ora la volta dell’Iran, nel mirino di Israele e delle forze USA-NATO.
La Cina e la Federazione Russa ne sono consapevoli e si stanno preparando attivamente a questa
sciagurata eventualità. Una terza guerra mondiale sarebbe combattuta con tutte le armi di cui
dispongono i paesi che sarebbero coinvolti: arsenali nucleari, armi biologiche, chimiche, intelligenza artificiale che metterebbero, così, a repentaglio la sopravvivenza stessa dell’umanità.

L’Orologio dell’Apocalisse è un “meccanismo” messo a punto nel 1947 da alcuni scienziati del Bulletin of the Atomic Scientists, per rappresentare, attraverso lo spostamento delle lancette, quanto ci si avvicini alla fine del mondo, causata da una guerra nucleare e/o dalla “degenerazione” climatica, simbolicamente rappresentata dalla mezzanotte. Nel ’53, l’esplosione seguita al test nucleare Ivy Mike, della prima bomba all’idrogeno o bomba H, nelle isole Marshall, liberò un’energia pari a quasi 12 megatoni, circa mille bombe di Hiroshima. Venne distrutta l’isola di Elugelab e altri isolotti, nell’atollo Enewetak, nel Pacifico. In quegli anni l’orologio dell’apocalisse segnò due minuti alla mezzanotte. Sul sito https://thebulletin.org/doomsday-clock/past-announcements/ si può verificare come ci troviamo ancora una volta nelle stesse condizioni.
Quando rintoccherà la mezzanotte sarà troppo tardi per correre ai ripari.

Uscire dal sistema di guerra, ora

È necessario un movimento globale che possa indurre, se non costringere, alla affermazione di un’era post-americana cui approdare evitando la guerra mondiale.
Chiediamo il rispetto dell’art. 11 della Costituzione. Pretendiamo un’Italia neutra e fuori dalla NATO; che la sovranità torni ad essere esercitata dal popolo come previsto al primo articolo della Costituzione. Nessuna Comunità nazionale che ne avesse facoltà, infatti, sceglierebbe la guerra di offesa a scopo egemonico, mirante alla sottomissione e alla rapina di altri paesi; i popoli, nella loro storia, hanno combattuto solo guerre di resistenza, cui sono stati costretti per ragioni di difesa.
È necessario che si compia, finalmente anche per l’Italia, una scelta di neutralità, come già Irlanda, Svizzera, Austria, Svezia, Finlandia.

Smantellare la NATO, in azione congiunta con altri popoli intenzionati a far ritirare la adesione dei loro Stati, potrebbe diventare un obiettivo che le tante organizzazioni, apertamente critiche nei confronti del suo operato, promuovano nei rispettivi Paesi.

Perseguire il disarmo totale, universale e simultaneo fino alla dissoluzione dei grandi blocchi militari, non è utopia; è piuttosto condizione necessaria alla possibilità di un futuro per l’umanità. Sarà indispensabile creare le condizioni affinché il welfare prenda definitivamente il sopravvento sul warfare. Una nuova alleanza dei popoli su scala locale e globale dovrà saper esigere la conversione dalle tecnologie di morte alle tecnologie della vita e l’abbandono delle politiche militari, sovversive del nostro ordinamento costituzionale.
Sarà necessario attivare un New Deal su scala nazionale e planetaria che affronti le crisi sociali ed economiche, catalizzate dalle grandi emergenze sociali ed ambientali attraverso una vera e propria trasformazione dell’economia che rimetta al suo centro l’uomo e il suo ambiente. Dobbiamo farlo nel segno di una nuova alleanza tra i popoli della terra dotati di nuova consapevolezza, di una coscienza planetaria in grado di riconvertire la forza e la capacità organizzativa degli eserciti in strutture di intervento finalizzate alla protezione civile e ai grandi programmi di ripristino della funzionalità degli ecosistemi terrestri. La conoscenza, coniugata alla forza trasformatrice del lavoro, la capacità di fare, nel rispetto della persona e dell’ambiente, organizzata nelle imprese di una economia riconvertita alla esclusiva produzione di bene comune, diventerà la forza risanatrice per le generazioni future e per il pianeta che le ospiterà.
Con le parole di Aleida Guevara (figlia del Che):

«Il mondo non ha bisogno di armamenti
Il mondo ha bisogno di cure
Il mondo non ha bisogno di armamenti
Il mondo ha bisogno di cibo
Il mondo non ha bisogno di armamenti
Il mondo ha bisogno di solidarietà, comprensione, unità e forza.»

Francesco Cappello membro esecutivo del Comitato Nazionale No Guerra No Nato

È possibile firmare una petizione in rete su
 https://www.change.org/p/la-campagna-per-l-uscita-dell-italia-dalla-nato-per-un-italia-neutrale – campagna che promuove l’uscita dell’Italia dalla NATO – per un’Italia neutrale.

INVITO AL CONVEGNO INTERNAZIONALE

PER IL 70° DELLA NATO

Consapevoli della crescente pericolosità della situazione mondiale, della drammaticità dei conflitti in atto, della accelerazione della crisi, riteniamo che sia necessario far comprendere all’opinione pubblica e ai parlamenti il rischio esistente di una grande guerra.

Essa non sarebbe in alcun modo simile alle guerre mondiali che l’hanno preceduta e, con l’uso delle armi nucleari e altre armi di distruzione di massa, metterebbe a repentaglio l’esistenza stessa dell’Umanità e del Pianeta Terra, la Casa Comune in cui viviamo. 

Il pericolo non è mai stato così grande e così vicino. Non si può rischiare, bisogna moltiplicare gli sforzi per uscire dal sistema di guerra.

Discutiamone al 

Convegno internazionale

I 70 ANNI DELLA NATO:

QUALE BILANCIO STORICO?

USCIRE DAL SISTEMA DI GUERRA, ORA.

Firenze, Domenica 7 Aprile 2019

CINEMA TEATRO ODEON

Piazza Strozzi

ORE 10:15 – 18:00

RELAZIONI INTRODUTTIVE

I 70 anni della NATO: di guerra in guerra

Verso uno scenario di Terza guerra mondiale

TAVOLE ROTONDE

Jugoslavia: 20 anni fa la guerra fondante della nuova NATO

I due fronti della NATO ad Est e a Sud

L’Europa in prima linea nel confronto nucleare

Cultura di pace o cultura di guerra?

Intervengono:

Michel Chossudovsky, professore di economia, direttore del Centre for Research on Globalization(Global Research, Canada).

Živadin Jovanović,   Presidente Forum di Belgrado (Serbia).

Jean Bricmont, scrittore, professore emerito dell’Università di Lovanio (Belgio). 

Diana Johnstone,  saggista (Stati Uniti). 

Paul Craig Roberts, economista, editorialista (Stati Uniti)

* * * * * 

Alex Zanotelli, missionario comboniano. 

Gino Strada, medico, fondatore di Emergency.

Franco Cardini, storico, saggista.

Fabio Mini, militare e scrittore. 

Giulietto Chiesa, scrittore e giornalista, direttore di Pandora TV.

Alberto Negri, giornalista, corrispondente di guerra de  “Il Sole 24 Ore”. 

Tommaso Di Francesco, giornalista, condirettore de il manifesto.

* * * * *

Jean Toschi Marazzani Visconti, scrittrice e giornalista

Germana Leoni von Dohnanyi, scrittrice e giornalista. 

Fernando Zolli, missionario comboniano.

Franco Dinelli, ricercatore CNR.

Francesco Cappello, educatore e saggista. 

Manlio Dinucci, scrittore e giornalista. 

PROIEZIONE DI DOCUMENTAZIONI VIDEO 

E VIDEOMESSAGGI

MICROFONO APERTO AL PUBBLICO

PER LE CONCLUSIONI

Promotori: 

ASSOCIAZIONE PER UN MONDO SENZA GUERRE

Comitato No Guerra No Nato  / Global Research 

in collaborazione con

Pax Christi Italia, Commissione Giustizia e Pace dei Missionari Comboniani, Comitato Pace e Disarmo e Smilitarizzazione del Territorio (Napoli), Rivista/Sito Marx21, Sezione Italiana della WILPF (Lega Internazionale Donne per la Pace e la Libertà), Tavolo per la Pace della Val di Cecina, Medicina Democratica Livorno e Val di Cecina, e altre associazioni la cui adesione è in corso.

PER PARTECIPARE AL CONVEGNO (AD INGRESSO LIBERO) 

OCCORRE PRENOTARSI COMUNICANDO VIA EMAIL O TELEFONO 

IL PROPRIO NOME E LUOGO DI RESIDENZA A:

Giuseppe Padovano 

Coordinatore Nazionale CNGNN

Email giuseppepadovano.gp@gmail.com

Cell. 393 998 3462

articolo pubblicato su Iskrae.eu

apparso su Accademia Apuana della Pace

apparso in versione ridotta su Sovranità Popolare anno 01 numero 01 pag. 20 (versione cartacea)