Abbraccio mortale. L’urlo di Draghi

Abbraccio mortale. L’urlo di Draghi

Giugno 12, 2023 1 Di Francesco Cappello

Gli Usa affondano. Per salvarsi trascinano sott’acqua l’Ue

Nelle precedenti analisi avevamo visto come il processo di perdita di valore del dollaro sui mercati internazionali sia ormai irreversibile (1). Esso procede a ritmi crescenti malgrado il tentativo, continuamente frustrato, della Federal Reserve di tenerlo artificiosamente in vita continuando ad alzare i tassi di interesse, operazione sicuramente non indolore.

Cresce la ritrosia tra banche USA a soccorrersi a vicenda (1)

Ne risente l’intero sistema bancario statunitense ove si sta verificando una fuga, come mai prima, dei depositi (risparmi) degli utenti. Tale fuga spesso verso l’estero non fa che retroagire sulla stabilità delle banche costringendo la Federal Reserve a tamponare le falle che si aprono con il solito sistema del Quantitative easing inaugurato all’indomani della precedente crisi del 2007. In pratica creazione di denaro di banca centrale per bloccare sul nascere le ormai continuamente incipienti crisi con potenziale evoluzione sistemica (2). L’innalzamento dei tassi ha un’altra conseguenza assai poco controllabile sui rendimenti dei titoli di stato USA. Malgrado i rendimenti salgano gli investitori non si fidano più e li mettono in vendita piuttosto che comprarne di nuovi mentre aumentano i titoli derivati (credit default swap) di chi scommette sul default USA. Tutto ciò equivale ad una vera e propria catastrofe finanziaria, uno tsunami finanziario che si sta abbattendo sugli USA. Abbiamo visto, infatti, l’ennesimo innalzamento del tetto del debito pubblico americano giunto a livelli stratosferici (31,4 trilioni di dollari). Qualcuno potrebbe pensare che poiché è sempre accaduto tutto sommato la cosa non può essere grave. Sì, ma non era mai accaduto in presenza di una dedollarizzazione in pericolosa accelerazione con i Treasuries sempre meno richiesti sui mercati internazionali, inequivocabile segno di sfiducia sulla tenuta del dollaro quale valuta di riserva internazionale, con la Cina, e non solo, che si disfa dei vecchi bond statunitensi e piuttosto che comprarne di nuovi acquista oro. Oltretutto l’aumento dei tassi implica che la velocità con cui cresce il servizio al debito incrementa; ossia la velocità con cui gli USA si indebitano con il resto del mondo accelera. Insomma, il sistema di finanziamento degli Stati Uniti pare aver subito una rottura. Non funziona più. A conferma, l’entità delle riserve delle banche centrali di tutto il mondo, denominate in dollari, diminuite di più del 10% da inizio secolo; persino le banche centrali cominciano a liberarsi dei loro asset in dollari. La scelta fatta dagli USA a Bretton Woods di utilizzare il dollaro quale valuta internazionale, dopo averli avvantaggiati per quasi 80 anni, si ripercuote ora negativamente sull’economia federale statunitense sotto forma di un’inarrestabile tsunami finanziario che rischia di travolgerne l’economia.

Anche la bilancia commerciale americana, come sempre sbilanciata dal lato delle importazioni conosce ora un ulteriore discesa in zona negativa. La dedollarizzazione in corso rende proporzionalmente insostenibile lo squilibrio accumulato.

Ovviamente in tale stato di cose gli USA non possono permettersi la terminazione della guerra, non solo perché devono continuare a sostenere la loro bilancia commerciale con gli attivi nella vendita dei sistemi d’arma o con le forniture energetiche, come il gas liquefatto, che hanno trovato il modo di imporre grazie al sabotaggio delle relazioni energetiche tra Europa e Federazione Russa utilizzando le sanzioni a cui hanno “costretto” l’Unione europea (il gas doganale russo essendo disponibile a costi assai inferiori non avrebbe permesso l’affermarsi della filiera del GNL in Europa) ma anche perché gli USA non potrebbero sostenere la normale concorrenza europea, a cominciare dalla manifattura, se questa avesse ancora potuto conservare la sua tradizionale forza che gli veniva dal tradizionale apporto energetico russo a basso costo.
Viceversa, aumenti dei costi di materie prime ed energia con conseguente alta inflazione da costi (causati, oltre che delle sanzioni, dalla diminuzione della produzione di Opec+), hanno causato la tragica perdita di produzione industriale in atto in Europa e il conseguente processo di deindustrializzazione, processi che favoriscono la delocalizzazione verso gli USA. Complessivamente l’Unione europea risulta, non a caso, in recessione tecnica. Secondo l’Istat, in Italia si registra un crollo del 7,2% su base annua della produzione industriale e di quasi il 2% lo scorso aprile rispetto a marzo.
Si stanno così determinando le condizioni perché l’industria europea, in difficoltà crescente, potrà essere parassitata dai grandi fondi di investimento che ne faranno man bassa… Forse l’unica possibilità perché si possa arrivare alla fine del conflitto è rappresentato da un capovolgimento elettorale alle prossime elezioni USA che possa vedere l’affermarsi di candidati con posizioni del tutto contrarie al proseguimento della guerra (Trump per i Repubblicani o Kennedy per i democratici).

L’Urlo di Draghi al MIT (quando si dice avere la faccia come il c…)

Ecco alcuni stralci dell’intervento di M. Draghi al MIT (3)(MIT – Massachusetts Institute of Technology) in occasione del conferimento alla sua persona del premio Miriam Pozen nel corso del quale egli addebita le conseguenze negative delle scelte guerrafondaie dell’Ue, da lui sponsorizzate, alla Federazione Russa capovolgendo la storia e la stessa logica:

Abbiamo supposto che le istituzioni che avevamo costruito, insieme ai legami economici e commerciali, sarebbero stati sufficienti per impedire una nuova guerra di aggressione in Europa. E credevamo che le banche centrali indipendenti avessero padroneggiato la capacità di limitare le aspettative di inflazione, al punto che ci preoccupavamo per una stagnazione secolare.
Egli continua versando lacrime sulla perduta globalizzazione occidentale del mondo e sui suoi presunti effetti benefici avendo essa diffuso valori liberali e democratici in tutto il mondo e addebitando le cause della deglobalizzazione allo spostamento della geopolitica globale dalla competizione al conflitto. Un errore è stato quello di far entrare la Cina nell’Organizzazione mondiale del commercio (Omc), anche se non era (e non è) un’economia di mercato, nell’assunzione che diventasse tale. L’altro errore nella pretesa che il diffondersi del libero mercato avrebbe recato con sé anche la diffusione dei valori della democrazia liberale (che) è stata infranta dal caso della Russia.
Draghi continua spiegando le ragioni per cui non è possibile perdere la guerra in corso. Perdere la guerra significherebbe in pratica la fine dell’Ue e della Nato (aggiungiamo noi così come se le sono costruite in questi decenni). Per USA/UE/NATO quella in corso è diventata una vera e propria guerra esistenziale:
I valori esistenziali dell’Unione europea sono la pace, la libertà e il rispetto della sovranità democratica. Sono i valori emersi dopo il massacro della Seconda guerra mondiale. Ed è per questo che non c’è alternativa per gli Stati Uniti, l’Europa e i suoi alleati che garantire che l’Ucraina vinca questa guerra. Accettare una vittoria russa o un pareggio confuso indebolirebbe fatalmente altri Stati confinanti e invierebbe un messaggio agli autocrati che l’Ue è pronta a rinunciare a ciò per cui si batte, a ciò che è. Inoltre, segnalerebbe ai nostri partner orientali che il nostro impegno per la loro libertà e indipendenza – un pilastro della nostra politica estera – non è così saldo come sembra. In breve, sarebbe un colpo esistenziale per l’Ue. Vincere questa guerra per l’Europa significa avere una pace stabile, e oggi questa prospettiva sembra difficile.

È perciò urgente che

l’Ue deve essere disposta a rafforzare le sue capacità di difesa. Questo è essenziale per aiutare l’Ucraina per tutto il tempo necessario e per fornire una deterrenza significativa contro la Russia. In secondo luogo, dobbiamo essere pronti a intraprendere un percorso con l’Ucraina che porti alla sua adesione alla Nato.

Ecco alcune conseguenze di cui secondo Draghi è colpevole il mancato allineamento di Putin e ricette per affrontare la congiuntura economica: dobbiamo prepararci a un periodo prolungato in cui l’economia globale si comporterà molto diversamente dal passato più recente. Ed è qui che gli spostamenti geopolitici interagiscono con le dinamiche dell’inflazione. La guerra in Ucraina ha contribuito all’aumento delle pressioni inflazionistiche a breve termine, ma è anche probabile che scateni cambiamenti duraturi da cui derivi un’alta inflazione in futuro. Continua elencando i guai in corso in Europa: shock da offerta (malgrado price cap), rallentamento nel settore manifatturiero, bassi consumi persistenti, perdita di reddito reale da parte dei lavoratori, necessità di continuare ad alzare i tassi. Per Draghi la guerra fa l’Unione: Ma l’Ue non è stata progettata per trasformare il peso economico in potere militare e diplomatico. Ed è per questo che la risposta europea alla Russia rappresenta una svolta. Ora, la guerra in Ucraina, come mai prima d’ora, ha dimostrato l’unità dell’Ue nella difesa dei suoi valori fondanti – andando oltre le priorità nazionali dei singoli paesi. Questa unità sarà cruciale nei prossimi anni. Sarà cruciale nel ridisegnare l’Unione per accogliere l’Ucraina, i paesi balcanici e i paesi dell’Europa orientale; nell’organizzare un sistema di difesa europeo complementare e accrescitivo rispetto alla Nato;

È evidente anche la preparazione del terreno perché si possa accettare l’ulteriore escalation necessaria a vincere la guerra in corso e arrivare secondo Draghi alla sconfitta in campo militare di una potenza nucleare… La follia ha ormai presso apertamente il sopravvento. Abbiamo bisogno di costruire alleanze trasversali di cittadini in grado di opporsi efficacemente e tirare fuori l’Italia dalla guerra. Un invito ai lettori a partecipare alla Campagna FUORI L’ITALIA DALLA GUERRAhttps://www.fuorilitaliadallaguerra.it/fuori-l-italia-dalla-guerra/


(1) vedi su Bloomberg “Il contraccolpo contro il dollaro armato sta crescendo in tutto il mondo
vedi anche il mio Un mondo nuovo è in costruzione. Una seconda occasione che il mondo non deve mancare
(2) vedi anche incrementi tasso Repo.
(3) Qui l’intervento integrale tradotto.

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