L’Occidente e le sue maggiori istituzioni in un vicolo cieco evolutivo
La grande transizione in atto verso una riorganizzazione dei rapporti su scala mondiale, indotta dalla fine della globalizzazione, accelerata dalla guerra, potrà comportare il ridimensionamento della NATO e della stessa Ue, se non la loro implosione?
Possibile una contesa sull’Europa che potrebbe assumere i contorni di una vera e propria spartizione dei Paesi europei: quelli (in deficit) nell’orbita del vecchio mondo, quelli (in surplus) fortemente attratti dal nuovo mondo in costruzione
Ovviamente, assisteremo al tentativo del salvatore Draghi, inviato speciale del solito vecchio comando USA-NATO che utilizzando lo spauracchio del “comune nemico” russo cinese tenterà di “salvare” ancora una volta l’Europa facendone un superstato minimo iperliberista. Verrà proclamato che solo così l’Europa avrà speranza di recuperare la competitività perduta.
La “emergenza”, indotta artificiosamente, sarà utilizzata per spogliare ulteriormente gli stati dell’Unione della loro residua sovranità. A Draghi fa eco Monti che evoca la necessità di sangue e sacrifici per fare l’Europa.
Ai paesi europei sarà imposto di tenere impegnata la Federazione Russa trasformando le loro economie in economie di guerra, dedite al rafforzamento della sicurezza interna (prevenzione e controllo del conflitto sociale destinato a crescere) e della “difesa” comune. Allo scopo sarà dichiarata necessaria e perseguita sistematicamente (almeno nelle intenzioni) la costruzione di un comune sistema militare europeo con comando centralizzato USA, nell’illusione di abbattere l’orso russo al fine di sottrargli le risorse di cui l’Europa ha vitale bisogno.
Un tentativo disperato, destinato a fallire – si spera non a causa del fuoco atomico e del fallout radioattivo – che permetterà agli USA, se tutto va bene, di riequilibrare in parte la propria bilancia dei pagamenti continuando a vendere armi ed energia all’Europa, almeno finché quest’ultima sarà in grado di pagare il conto.
La speranza che il vecchio mondo aveva riposto nella guerra, di riaffermazione del proprio dominio su scala globale, a partire dalla balcanizzazione della Federazione Russa e dalla sua colonizzazione economica, con la conquista di immensi territori, ricchi di riserve di materie prime da parassitare che gli avrebbero portato nuova linfa e nuova vita si sta rivelando un enorme passo falso che rischia di accelerare la transizione verso il mondo nuovo multipolare, ormai concretato, ed in rapida evoluzione su scala globale; per rapidità di descrizione possiamo riferirci a questo universo in rapida formazione, espansione, sintesi e definizione, come a quello dei BRICS plus.
Le sanzioni, i dazi, il sequestro e il congelamento delle riserve valutarie russe hanno causato il ridimensionamento delle relazioni col mondo orientale, hanno rallentato e persino bloccato la costruzione dei nuovi corridoi commerciali, a partire dalla nuova via della seta, il mar Rosso, il corridoio Nord-Sud russo, ecc.. Essi hanno rapidamente portato alla divisione del mondo in blocchi sempre meno comunicanti e alla accelerazione della fine della globalizzazione come l’abbiamo conosciuta e del relativo modello neoliberista che aveva ripreso vigore dopo la seconda metà degli anni ’70.
Il processo di arroccamento dell’Occidente allargato, rispetto all’emersione del nuovo mondo, che si sta riorganizzando per autonomizzarsi dalle istituzioni occidentali, sta peraltro accelerando la dedollarizzazione in corso e fors’anche la costruzione di una nuova moneta dei BRICS (vedi il mio Un mondo nuovo è in costruzione. Una seconda occasione che il mondo non deve mancare).
Le origini geoeconomiche del conflitto
Dopo un lungo periodo di impiego del surplus orientale in forma di prestiti agli USA e all’Europa, tramite investimenti finanziari in titoli di Stato USA e Ue, malgrado l’innalzamento dei tassi di interesse di dollaro ed Euro, nel tentativo di renderli più appetibili, si assiste alla sostanziale volontà di ricollocamento del surplus orientale (tanti paesi vendono titoli occidentali e comprano oro) in investimenti infrastrutturali nello spazio BRICS in continuo ampliamento, in Medioriente, Africa, Sud America e ultimamente direttamente nello spazio europeo, in Serbia (1) ed Ungheria (2), dove la Cina, per fare un esempio, intende costruire anche fabbriche per la produzione di auto elettriche e batterie ad alta tecnologia, bypassando così le misure protezionistiche europee (l’Ungheria essendo un paese dell’Unione) che tentano di salvare i loro investimenti nello stesso settore ben consci di come i prodotti cinesi risultino ormai di più alta qualità e prezzo assai inferiore rispetto ai corrispettivi europei.
Si aggiunga che il sistema produttivo europeo è fortemente penalizzato dagli alti costi delle materie prime, anche energetiche, a causa delle sanzioni alla Russia imposte dagli USA e che viceversa, la Cina ha potuto avvantaggiarsene aumentando enormemente gli scambi nel settore energetico con la Federazione Russa.
L’Occidente è in grande difficoltà con la Cina. Non può permettersi di considerarla un “rivale sistemico” e chiederle di interrompere la collaborazione con il suo partner strategico, la Russia, perché l’abbandono della Cina come partner commerciale implicherebbe la rinuncia a quasi 800 miliardi di dollari di inter scambio e questo comporterebbe un’ancor più rapido declino dell’economia europea.
Il contentino Usa di imporre, in particolare, le proprie armi e la propria produzione di gas liquefatto (GNL) al mercato europeo (per ricevere la quale l’Europa ha dovuto sostenere le relative spese di infrastrutturazione di passaggio dal gas russo da tubo a quello da gasiera in prevalenza USA) si rivelerà alla lunga un grosso errore strategico. L’uso del dollaro, infatti, già diminuito del 20% negli ultimi anni, è sempre più ostacolato dallo stesso protezionismo aggressivo occidentale che pretende ormai di limitare i propri scambi al cortile di casa occidentale.
L’attacco alla Russia da parte degli USA, nello spazio europeo, che aveva lo scopo di impedire quel virtuoso e crescente connubio politico economico tra Europa e Federazione Russa, in grado, secondo le più ataviche paure angloamericane, di oscurare l’egemonia unipolare USA, ha sortito l’effetto di spingere la Federazione Russa verso la Cina, girando le spalle all’Occidente. La globalizzazione neoliberale è stata così letteralmente fatta a pezzi. I blocchi nel commercio mondiale e la relativa dedollarizzazione che ne consegue, rischiano ora di minare le fondamenta stesse del neoliberismo globale e con esse le loro istituzioni belliche ed economiche col rischio che si consideri tragicamente di usare le prime quali via di uscita dalla trappola in cui l’Occidente si è ficcato non accettando la fine dell’ordine di Yalta e del successivo, necessario, ridimensionamento drastico dell’egemonia unipolare degli USA, esercitata a partire dal collasso dell’URSS.
Nel 1944 si aveva piena consapevolezza di come fosse necessario, dopo che il mondo aveva subito due conflitti mondiali e si trovava al cospetto di un modello di organizzazione socioeconomico alternativo a quello occidentale, quale quello sovietico, arrivare ad una riforma del sistema dei pagamenti internazionali imponendo la scambiabilità del dollaro con l’oro. Ciò sarebbe servito ad evitare grandi surplus e corrispondenti insanabili deficit (3) che immancabilmente conducono a tensioni che sfociano in conflitti tra Paesi il cui esito produce immancabilmente la “soluzione” militare.
In seguito la moneta americana si liberò dall’oro divenendo FIAT permettendo così una produzione illimitata di dollari senza più freni. Tale deregolamentazione, post Bretton Woods, consentì agli USA la costruzione dell’imponente complesso militare industriale e le sue relative politiche di potenza.
Molti paesi tra cui il nostro, concepirono Costituzioni antifasciste ed antinaziste, insieme a soluzioni in larga misura keynesiane come nel titolo 3 della nostra Carta economica, che risollevarono l’Europa dalle macerie della grande guerra.
Oggi ci sarebbero tutte le condizioni esterne a consigliare una nuova Bretton Woods con il pungolo dei BRICS+ in sostituzione di quello dell’URSS magari prima che la guerra possa conoscere un’ulteriore fatale espansione…
(1) La Serbia ha firmato un accordo su un “futuro condiviso” con la Cina e intende rafforzare il commercio reciproco in yuan.
(2) In una conferenza stampa congiunta con Xi il 9 maggio, Viktor Orban ha annunciato che la Cina investirà in Ungheria in crescita tecnologica e industriale, 6.400 miliardi di fiorini (16,5 miliardi di euro).
(3) Il debito estero americano era esigibile in oro. I paesi con cui gli USA si indebitavano erano legittimati a chiedere l’estinzione del debito in oro. L’oro USA non era però sufficiente da cui la scelta del 1971 da parte di Nixon di trasformarla in moneta FIAT rendendo possibile la creazione monetaria indipendentemente dall’esistenza di un corrispettivo in oro.
addendum
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