Chiare, fresche e dolci acque. Con spike o senza?

Chiare, fresche e dolci acque. Con spike o senza?

Luglio 5, 2021 1 Di Francesco Cappello

L’analisi dei reflui urbani, all’ingresso di un depuratore, può dirci molto in merito al consumo nella popolazione di sostanze quali droghe, alcol e farmaci. L’Istituto Mario Negri, più di 15 anni fa, mise a punto una tecnica chiamata “epidemiologia delle acque reflue“. La stessa tecnica è utilizzata dall’Istituto in collaborazione con l’Università statale di Milano per la sorveglianza virologica ambientale per controllare i virus eliminati dall’apparato intestinale.

Bisogna, più generalmente, ripensare i rischi legati alle acque reflue e il loro monitoraggio alla luce della pandemia di COVID-19 perché “(…) le prove convergenti dell’attuale pandemia, dei precedenti focolai e degli esperimenti controllati indicano che i SARS-CoV sono presenti nelle acque reflue per diversi giorni, portando a potenziali rischi per la salute attraverso i percorsi delle acque reflue trasportate dall’acqua e aerosolizzate. Il trattamento convenzionale delle acque reflue fornisce solo la rimozione parziale dei SARS-CoV, quindi lo smaltimento o il riutilizzo sicuri dipenderanno dall’efficacia della disinfezione finale. Ciò sottolinea la necessità di un quadro di valutazione e gestione del rischio su misura per la trasmissione di SARS-CoV-2 attraverso le acque reflue, compresi nuovi strumenti per la sorveglianza ambientale, garantendo un’adeguata disinfezione come componente del contenimento complessivo della pandemia di COVID-19“.

Che l’agente eziologico, SARS-CoV-2, fosse un virus a RNA escreto nelle feci è noto da tempo. Molti gruppi di ricerca hanno, infatti, analizzato la concentrazione di frammenti di RNA virale nelle acque reflue, quale strumento epidemiologico atto a valutare la prevalenza di agenti patogeni fecali nella comunità. È certamente importante “discutere le diverse potenziali fonti di questa contaminazione, le forme di persistenza nell’ambiente, le tecniche di eliminazione parziale e la possibilità di creare nuovi serbatoi“. (vedi anche qui)

Le concentrazioni di RNA del SARS-CoV-2 risultano altamente correlate con la curva epidemiologica COVID-19 e i ricoveri ospedalieri locali. Esse possono anticipare di una settimana i dati raccolti sui test COVID-19 e di tre giorni quelli dei dati sui ricoveri ospedalieri locali. Per inciso, questo implica che lo stesso tipo di analisi, fatte man mano che avanza la campagna vaccinale, potrebbe egualmente dirci, con un pò d’anticipo, se, come e quanto, la campagna vaccinale di massa stia contribuendo all’inquinamento delle acque e più in generale dell’ambiente.

Nel nostro paese, per fare un esempio, la Regione Liguria sta potenziando il sistema di monitoraggio e controllo della virologia ambientale con il coinvolgimento dell’Università di Genova e dell’Arpal e un investimento di quasi mezzo milione di euro in due anni. Complessivamente la regione vede il monitoraggio di 27 depuratori. tuttavia “Gli scarichi complessivamente censiti sono stati 1.280, di questi il 8,4% recapita in mare, il 91,1% in acque interne, mentre lo 0,5% trova altra destinazione. Un’ulteriore ripartizione in base all’origine vede il 46% degli scarichi prodotto da attività industriali e il 54% da reti fognarie urbane. L’indicatore prende in considerazione tutti gli scarichi di cui si ha notizia sul territorio regionale fatta eccezione per gli scarichi domestici, così come definiti dal d.lgs. 152/99, in quanto il loro effetto come fonte di inquinamento puntuale è trascurabile“. (vedi anche qui)

In Toxicological insights of Spike fragments SARS-CoV-2 by exposure environment: A threat to aquatic health? si valuta se i peptidi della proteina Spike possano causare un impatto negativo negli animali acquatici a causa della tossicità acquatica dei derivati ​​dei peptidi proteici Spike SARS-CoV-2 in essa confluenti. Ecco le conclusioni della ricerca riportate nell’abstract

La contaminazione da particelle acquatiche di SARS-CoV-2 ha un effetto colinesterasico nei girini di P. cuvieri. Questi risultati indicano che il COVID-19 può costituire un impatto ambientale o un potenziale danno biologico.

da: Toxicological insights of Spike fragments SARS-CoV-2 by exposure environment: A threat to aquatic health?

ecco l’abstract di SARS-CoV-2 come virus enterico nelle acque reflue: quale rischio per l’ambiente e il comportamento umano?

 I microrganismi come virus, batteri e protozoi sono la causa di molte infezioni umane trasmesse dall’acqua. Questi microbi sono naturalmente presenti negli ambienti acquatici o trasferiti al loro interno da fonti fecali. Rimangono in questi ambienti per periodi di tempo variabili prima di contaminare un nuovo ospite. Con l’emergere della pandemia di COVID-19, alcuni studi hanno riportato la presenza di acidi nucleici virali in campioni di feci di pazienti COVID-19, suggerendo la possibilità di trasmissione oro-fecale. L’RNA di SARS-CoV-2 è stato quindi rilevato nelle acque reflue di persone sintomatiche e asintomatiche con un rischio per la salute umana e ambientale. In questo lavoro si cerca di discutere le diverse potenziali fonti di questa contaminazione, le forme di persistenza nell’ambiente, le tecniche di eliminazione parziale e la possibilità di creare nuovi serbatoi.

Per quanto riguarda i rischi per la salute umana di una contaminazione ambientale da spike è importante segnalare la seguente ricerca, che evidenzia come la Spike possa provocare infiammazione cardiaca, rimodellamento ipertrofico e risposte autoimmunitarie nei topi. Leggiamo dall’abstract del preprint:
L’espressione selettiva della subunità S1 della proteina Spike SARS-CoV-2 nei cardiomiociti induce ipertrofia cardiaca nei topi

Il danno cardiaco è comune nei pazienti COVID-19 ospedalizzati e fa presagire una prognosi peggiore e una mortalità più elevata. Per comprendere meglio come SARS-CoV-2 (CoV-2) danneggia il cuore, è fondamentale chiarire la biologia delle proteine ​​codificate da CoV-2, ognuna delle quali può svolgere molteplici ruoli patologici. Ad esempio, la glicoproteina Spike CoV-2 (CoV-2-S) non solo impegna ACE2 per mediare l’infezione da virus, ma altera anche direttamente la funzione endoteliale e può innescare risposte immunitarie innate nei macrofagi murini coltivati. Qui abbiamo testato l’ipotesi che CoV-2-S danneggi il cuore attivando le risposte immunitarie innate dei cardiomiociti (CM). (…). L’espressione selettiva mediata da AAV9 di S1-TM nei CM ha causato disfunzione cardiaca, ha indotto il rimodellamento ipertrofico e ha suscitato l’infiammazione cardiaca. Poiché CoV-2-S non interagisce con l’ACE2 murino, il nostro studio presenta un nuovo ruolo patologico indipendente da ACE2 di CoV-2-S e suggerisce che il CoV-2-S1 circolante sia un allarmina riconoscibile da TLR4 che può danneggiare i CMs attivando le loro risposte immunitarie innate.

A proposito della tossicologia della spike ricordiamo qui la pubblicazione della dott.ssa L. Bolgan che dallo scorso marzo aveva lanciato l’allarme con una rassegna puntuale e organica della letteratura scientifica sull’argomento, in particolare le sue caratteristiche come tossina in grado di causare avvelenamento sistemico, autoimmunità per similitudine con le proteine umane e il potenziale rischio d’indurre patologie da prioni:

VACCINO COVID-19 LE PIATTAFORME VACCINALI INNOVATIVE – PARTE SECONDA
TOSSICOLOGIA DEI VACCINI CONTENENTI LA SPIKE DEL SARS-COV-2

Recentemente l’allarme è venuto anche dal nobel Luc Montagnier che in un’intervista riferendosi alla proteina spike ed ai processi autoimmuni ha, tra l’altro, dichiarato riferito ai vaccini a mRNA:

È un successo dal punto di vista della tecnologia ma ciò non apporta niente di importante e nuovo alla vaccinazione. Al contrario, dato che si inietta un’informazione che va a produrre una proteina del virus, e come tutti i virus, anche questo cerca di imitare le proteine ​​“del sé”, dell’ospite che infetta, ci sono, conseguentemente, quelle che vengono definite reazioni autoimmuni. Vi viene dunque iniettata la proteina del virus, la quale si disperde nel vostro corpo, non sapete dove vada, e quindi quali cellule la prendono e quali no. (…).
Non va dimenticato che, tema un po’ più complicato di quanto la maggior parte dei virologi creda, non c’è solo un virus, ma anche un cofattore batterico. Questo è suggerito dal lavoro svolto con l’azitromicina, soluzione trovata dai cinesi ma anche dal Professor Raoult. E’ molto probabile che in un’infezione naturale ci sia un cofattore batterico che derivi dal cibo e non solo dalla respirazione. Vedete, il microbiota intestinale può essere un fattore di trasmissione.
Capite che il microbiota intestinale può essere un fattore di trasmissione.
Le acque reflue, per esempio, hanno molta materia fecale, sono piene di virus. Allora perché? Ci sono molte cose che devono essere spiegate, ad esempio un fattore batterico come dicevo, contro il quale bisogna lottare, e se voi sopprimete il fattore batterico andrete a rimuovere in larga misura la patogenicità del virus.(…)
ci saranno effetti forse anche su più generazioni, ma avrà effetti sulle generazioni attuali nel giro di cinque anni, dieci anni. È estremamente possibile. Sono quelle che si chiamano “malattie neurodegenerative”. Ci sono sequenze che sembrano delle sequenze di prioni nell’RNA del coronavirus e questi prioni possono mettere in disordine le proteine ​​naturali nel cervello per modificarle e farne dei prioni. Su questo tema sono stato anche molto coinvolto perché l’Institut Pasteur ha usato in un certo momento degli estratti di cervello di persone morte non a causa di prioni ma di Alzheimer o di Parkinson, per ottenere l’ormone della crescita e iniettare questo ormone, di origine umana, a dei bambini al fine di incrementarne la crescita. Questa è stata l’occasione di uno scandalo perché centoventi bambini sono morti della malattia di Creutzfeld Jakob dopo essere stati trattati con questo prodotto. E’ stato conseguentemente un caso finito in tribunale. I colpevoli sono morti e tutto è andato a spegnersi ma io lo tengo bene a mente: centoventi bambini ai quali era stato iniettato un ormone della crescita di origine naturale perché dei prioni si sono formati non solo per il morbo di Creutzfeld Jakob ma anche per malattie più diffuse come la malattia di Alzheimer o di Parkinson.

quanto affermato da Montagnier (in accordo con un’ipotesi formulata privatamente con la dott.ssa Bolgan) lascia sospettare che oltre alla sussitenza della spike nell’acqua sarebbe importante verificare la presenza di ospitanti varianti virali che producono a loro volta la spike, in quanto i batteri infettati possono prolungare nel tempo la persistenza del virus e della spike nell’ambiente. La situazione potrebbe essere perciò più complessa e forse più grave. Nell’acqua è facile che si trovino batteri con dentro il Sars Cov 2 (o sue varianti) che producono la spike naturale. A quest’ultima si aggiunge la spike da vaccino, riversata nei reflui da milioni di vaccinati.

Sono disponibili e testate tecniche atte rilevare le nuove mutazioni di SARS-CoV-2 che emergono costantemente, sollevando preoccupazioni per una maggiore trasmissibilità, virulenza o fuga dalla risposta immunitaria dell’ospite (e per vaccino resistenza). Qui la descrizione di uno Screening rapido per le varianti SARS-CoV-2 preoccupanti in campioni clinici e ambientali utilizzando saggi RT-PCR nidificati mirati a mutazioni chiave della proteina spike.

Una tale emergenza si somma al rischio di un aumento incontrollato dell’antibiotico resistenza provocata dall’uso smodato di gel disinfettanti, amuchina ecc. che nel periodo covid sono finiti anch’essi nelle acque reflue e che rischiano ora, se non adeguatamente trattate, di provocare una modificazione del microbiota ambientale, nel quale possono così prevalere popolazioni di batteri e super batteri particolarmente patogeni. In un microbiota ambientale in grave disbiosi il Sars cov 2 potrebbe trovare un ambiente ideale di sviluppo, producendo spike e tossine batteriche, portando ad una possibile impennata di batteri patogeni e antibiotico resistenti anche nell’acqua.

Va peraltro ricordato che i vaccini a base genica sono vaccini OGM, ai quali va applicata la normativa relativa ai rifiuti con residui OGM come illustrato in questo documento del 2007 dell’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro che nel frattempo è stato chiuso o in questi altri più recenti dell’EMA, il primo relativo alle “Valutazioni del rischio ambientale per medicinali contenenti o costituiti da organismi geneticamente modificati (OGM)” il secondo dedicato alle Valutazioni del rischio ambientale per medicinali contenenti o costituiti da organismi geneticamente modificati (OGM).

Un grosso errore
Anche il Dr. Bridle si è così recentemente espresso a proposito della Spike:

“In breve, la conclusione è che abbiamo fatto un grosso errore, non ce ne siamo resi conto fino ad ora. Pensavamo che la proteina spike fosse un ottimo antigene bersaglio. Non abbiamo mai saputo che la stessa proteina spike fosse una tossina. È una proteina patogena. Vaccinando le persone, le inoculiamo inavvertitamente con una tossina. Con alcune persone, entra in circolazione. Quando ciò accade, può causare danni, specialmente nel sistema cardiovascolare”.
e ancora
La proteina spike che il vaccino induce il corpo a produrre sta entrando nel sangue, circola attraverso il sangue negli individui per diversi giorni dopo la vaccinazione. Una volta che entra nel sangue, si accumula in molti tessuti. E di particolare preoccupazione, per me, si accumula nelle ovaie, in alte concentrazioni“.
 La proteina spike da sola è interamente responsabile del danno che vediamo nel sistema cardiovascolare. La scienza all’avanguardia di uno studio sulla biodistruzione mostra che i vaccini COVID non agiscono come i vaccini tradizionali che rimangono locali nel sito di iniezione. La nostra supposizione era sbagliata. Si diffonde attraverso il sangue e si accumula nella milza, nel midollo osseo, nelle ghiandole surrenali e ad alte concentrazioni nelle ovaie.(…)
Sappiamo da tempo che la proteina spike è una proteina patogena. È una tossina. Può causare danni al corpo se entra nella circolazione sanguigna. Quando è in circolazione, la proteina spike può legarsi ai recettori delle nostre piastrine e alle cellule che rivestono i nostri vasi sanguigni. Quando ciò accade, può fare una delle due cose. Può portare a un grumo di piastrine che può portare alla coagulazione. Questo è esattamente il motivo per cui abbiamo visto disturbi della coagulazione associati a questi vaccini. Può anche portare a sanguinamento. E, naturalmente, il cuore è coinvolto. Fa parte del sistema cardiovascolare. Ecco perché vediamo problemi cardiaci. La proteina può anche superare la barriera ematoencefalica e causare danni neurologici. Ecco perché il caso di coaguli di sangue fatali nel cervello.
(…) Sta entrando nel latte materno. Esaminando il database degli eventi avversi negli Stati Uniti, abbiamo trovato prove che i lattanti soffrono di disturbi emorragici nel tratto gastrointestinale. (…) Questo ha implicazioni per la donazione di sangue. Non vogliamo il trasferimento di queste proteine ​​spike patogene a pazienti fragili. Questo ha implicazioni per i bambini che stanno allattando.

Parrebbe quindi, fino a prova contraria, una vera e propria emergenza sanitaria ed ambientale, amplificata e catalizzata enormemente dalla campagna vaccinale in corso, condotta a tappeto e a tappe forzate, su scala planetaria, con vaccini miranti a trasformare ogni cittadino vaccinato in unità di produzione e diffusione di proteine virali tossiche nell’ambiente umano e naturale.
Diventa perciò necessario monitorare, e capire come eventualmente depurare l’acqua che beviamo dalla tossina, appurando nel contempo se rischia di finire nei prodotti ortofrutticoli.

G. Di Parisio, in un’intervista con la dott.ssa L. Bolgan, aveva puntualizzato come sia raccomandabile che i reflui dei malati vadano raccolti ed eliminati in maniera separata da quelli dei civili sani.
Viceversa i reflui ospedalieri e delle comunitá finiscono con quelli civili e poi nell’acqua urbana. Bisognerebbe, oltretutto, sapere se oltre alla spike e alla sua possibile forma prionica, non siano presenti altre tossine prodotte col vaccino.
Soprattutto c’è da chiedersi come si complicherà questa condizione oggi che abbiamo milioni di vaccinati rispetto a prima quando non tutti erano infettati…

Certe caratteristiche proprie della spike vaccinale fanno però pensar male, in quanto proteina virale presenta troppe affinità e coincidenze che ben si adattano alla definizione di un arma biologica.
Tuttavia, possiamo pensare dall’altra parte che questa congettura non sia stata intenzionale ma solo frutto del caso e della fretta, dettata dall’emergenza. Di questo però parleremo più ampiamente in un prossimo articolo.

Addendum

Shedding light on toxicity of SARS-CoV-2 peptides in aquatic biota: A study involving neotropical mosquito larvae (Diptera: Culicidae)
Fare luce sulla tossicità dei peptidi SARS-CoV-2 nel biota acquatico: uno studio che coinvolge larve di zanzara neotropicali (Ditteri: Culicidae)☆

Abstract

La conoscenza di come la pandemia di COVID-19 può influenzare la fauna acquatica è ancora estremamente limitata e finora non è stato segnalato alcun effetto di SARS-CoV-2 o dei suoi costituenti strutturali sui modelli di invertebrati. Pertanto, abbiamo studiato la presenza del nuovo coronavirus 2019 in diversi campioni di acque reflue urbane e, successivamente, abbiamo valutato gli effetti comportamentali e biochimici dell’esposizione delle larve di Culex quinquefasciatus a due peptidi della proteina spike SARS-CoV-2 (PSPD-2002 e PSPD -2003) sintetizzato nel nostro laboratorio. Inizialmente, i nostri risultati mostrano la contaminazione delle acque reflue da parte del nuovo coronavirus, tramite RT-qPCR sul gene virale N1. D’altra parte, il nostro studio mostra che l’esposizione a breve termine (48 h) a una bassa concentrazione (40 μg/L) dei peptidi sintetizzati ha indotto cambiamenti nel comportamento locomotore e olfattivo delle larve di C. quinquefascitus, che erano associati ad una maggiore produzione di ROS e attività AChE (effetto colinesterasi). A nostra conoscenza, questo è il primo studio che riporta gli effetti indiretti della pandemia di COVID-19 sulla fase larvale di una specie di invertebrato d’acqua dolce. I risultati sollevano preoccupazioni a livello ecologico in cui gli effetti biologici osservati possono portare a conseguenze drastiche.


Un ringraziamento alla dott.ssa Loretta Bolgan per i suggerimenti bibliografici e la revisione dell’articolo.

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