Verso la distruzione economica dell’Europa. Spese militari al 5% del PIL in dieci anni
“Qualunque cosa si faccia per abbassare la spesa pubblica è ben fatta eccetto che per alcune spese molto selezionate come quelle per la difesa militare di cui abbiamo reale necessità”
A fare questa affermazione è stato Milton Friedman, definito “l’eroe della libertà” consigliere delle politiche economiche del dittatore cileno Pinochet e ispiratore delle attuali politiche economiche iperliberiste della Ue.

Le spese militari italiane, mai prese di mira da alcun programma di austerity che non si fa scrupolo di aggredire quella parte della spesa pubblica a supporto del welfare, ammontano a più di 96 milioni di euro al giorno che sono 1,5% del PIL 2250 miliardi ossia 35 miliardi
In 10 anni dovremmo portarle al 5% del PIL ossia 112 miliardi e 500 milioni di euro (ossia 308 milioni di euro al giorno)
per soddisfare la richiesta NATO.
Ovviamente si tratterà come sempre di spese supplementari che affronteremo aggiungendo debito a debito.
Come è noto al paese che si indebita viene chiesto di essere solvibili ad ogni costo abbassando le spese per servizi pubblici e in generale per lo stato sociale. Sono le agenzie di rating a darci la pagella sulla nostra capacità di restituzione del debito. Ogni volta che il loro giudizio sulla nostra solvibilità si fa più pessimista la conseguenza si ripercuote sulla necessità di innalzamento dei rendimenti promessi agli investitori che acquistano i titoli. Lievita così il costo per interessi che la Comunità nazionale dovrà sostenere.

Insostenibilità per i conti pubblici
Spesa attuale per la difesa: 1,57% del PIL.
Valore monetario attuale: 35 miliardi di euro.
PIL stimato dell’Italia: 2.250 miliardi di euro.
Impegno Sottoscritto (con NATO/UE):
Obiettivo: Portare la spesa per la “difesa” al 5% del Prodotto Interno Lordo (PIL). Entro il 2035 (nei prossimi 10 anni).
La responsabilità dell’aumento di spesa va alla Presidente del Consiglio Meloni e del suo governo che l’ha sottoscritta a nome dell’Italia. Il capo del governo ha tenuto a rassicurare gli italiani affermando che l’incremento di spesa sarà diluito in 10 anni.
Ecco l’aritmetica per il raggiungimento del 5% del PIL in 10 anni
Ammontare del 5% del PIL: 112,4 miliardi di euro (dagli attuali 35 miliardi ai 112 miliardi e 400 milioni tra 10 anni nell’ipotesi che il PIL rimanga invariato).
[Calcolo: (35,3 miliardi / 1,57) * 5 = 112,4 miliardi]
Aumento annuo necessario: La spesa annua dovrà aumentare di 77,1 miliardi di euro (da 35,3 a 112,4 miliardi). Per semplicità, viene arrotondato a 77 miliardi in 10 anni.
Aumento Cumulativo della Spesa nei Prossimi 10 Anni (2025-2035):
Si assume che l’aumento di 77 miliardi di euro venga diluito gradualmente in 10 anni.
Incremento annuo graduale: 7,7 miliardi di euro in più ogni anno (77 miliardi / 10 anni).
Spesa aggiuntiva progressiva annuale (rispetto ai 35,3 miliardi attuali):
1° anno: +7,7 miliardi (totale 43 miliardi).
2° anno: +15,4 miliardi (totale 50,7 miliardi).
3° anno: +23,1 miliardi (totale 58 miliardi).
…fino al 10° anno: +77 miliardi (totale 112,3 miliardi).
per una Spesa complessiva aggiuntiva nei 10 anni: 423,5 miliardi di euro.
Calcolo: Somma degli incrementi annuali (7,7 + 15,4 + … + 77).
Spesa Annuale Futura (dopo il 2035):
Dopo i 10 anni, l’Italia dovrà mantenere una spesa di 112,4 miliardi di euro all’anno per la difesa.
L’obiettivo è una percentuale del PIL, non un importo fisso.
La variazione del PIL è ininfluente sul risultato finale in termini di sostenibilità della percentuale. Se il PIL aumenta, anche la spesa in valore assoluto aumenterà proporzionalmente per mantenere la percentuale. Per semplicità di calcolo, viene ipotizzato un PIL inalterato nei prossimi 10 anni, ma questa ipotesi non inficia la correttezza del risultato.
Sostenere un tale aumento, senza gravi conseguenze, non è praticamente possibile per il nostro paese. Si fatica già, enormemente, per ridurre la spesa pubblica anche di pochi miliardi. Rispettare un tale impegno potrebbe porterà l’Italia a un default dei conti pubblici, peggiore della situazione della Grecia nel 2011.
Qualsiasi spesa in armi è inutile e pericolosa.
Vediamo per confronto l’entità della spesa pubblica in percentuale del PIL in alcuni importanti settori
Il totale degli investimenti in R&S (pubblico + privato) è circa 1,5 % del PIL (dato OCSE 2019).
La componente pubblica/accademica si ferma intorno al 0,5–0,7 % del PIL, assai basso rispetto alla media OCSE
Spesa sanitaria pubblica 6,2% del PIL
La spesa militare supererà la spesa pubblica per l’istruzione. Essa, infatti, inclusi fondi correnti, investimenti e trasferimenti si colloca attorno al 4,2 % del PIL (dati più recenti: 2021).
Spesa pubblica per il patrimonio artistico‑storico (Tutela dei Beni Culturali e Turismo).
Nel 2019 (ultimo dato disponibile delle missioni stanziamento) la spesa statale per queste due missioni era pari allo 0,15 % del PIL.
Sempre nel 2018–2019, la spesa pubblica italiana in attività culturali ammontava a circa lo 0,3 % del PIL, stabile negli anni.
Dissesto idrogeologico del territorio
2013–2019: spesi 20 mld € per emergenze contro soli 2 mld € per la prevenzione — un decimo del totale.
Le stime suggeriscono che servirebbero 26–27 mld € per mettere l’Italia in sicurezza che però non si trovano. Più facile, evidentemente, reperire le risorse che alimentano la guerra.
Vediamo sinteticamente in una tabella le spese per trasporti e manutenzione infrastrutture stradali
| Voce | Importo annuo | % sul PIL |
|---|---|---|
| Investimenti trasporti (nuovi + manutenzione) | ~0,4 % del PIL | 0,4 % |
| Manutenzione ordinaria ANAS | 0,69 mld € | ~0,035 % |
| Manutenzione straordinaria (Province/otto 2022) | 2,7 mld € | ~0,14 % |
| Totale manutenzione/anno | ~3,4 mld € | ~0,18 % |
COSTO PER INTERESSI DEL DEBITO PUBBLICO ITALIANO (eliminabile con Piano Salvezza Nazionale)
2023: la spesa per interessi si attesta intorno a 78 miliardi di euro, pari al 3,8 % del PIL
2024: prevista a circa 89 miliardi di euro, ovvero 4,2 % del PIL.
2025: stimata oltre 95 miliardi, equivalenti al 4,3 % del PIL
2026: supererà i 110 miliardi, con un’incidenza vicina al 5 % del PIL (equivalente alla spesa militare che dovremo sostenere nel 2035)
A tutto questo si aggiungano le perdite che l’Italia dovrà sostenere a causa della guerra dei dazi (la moratoria è in scadenza il 9 luglio) che Trump intende imporre ai paesi dell’Unione del 10% quale tariffa generale, 25% sull’automotive, 50% su acciaio e alluminio e del 17% sui prodotti agricoli (l’Italia ha sin qui esportato per 8 miliardi di euro l’anno).
La motivazione principale, il faro, guida di padri e madri costituenti, che la guerra l’hanno conosciuta da vicino, è stata la volontà di salvarci dal coinvolgimento in altri conflitti mondiali. La nostra Carta, varata nel 48, è la Costituzione di un Paese che da allora in avanti non si sarebbe più schierato, manifestando la volontà di mantenersi in posizione neutrale rispetto a futuri eventuali conflitti; un Paese, un popolo, che sentiva di ripudiare profondamente la guerra come mezzo di offesa o di risoluzione dei conflitti, che avrebbe accettato di aderire ad organizzazioni sovranazionali solo se caratterizzate da un ordinamento atto ad assicurare la pace e la giustizia fra le Nazioni, in condizioni di parità con gli altri Stati.
Siamo in democrazia? Ci hanno chiesto se siamo d’accordo? I parlamentari che confermano, senza battere ciglio, l’aumento ingiustificato delle spese militari, facendo leva sull’infondata paura dell’invasione russa, vanno individuati e non più votati.
L’Italia ripudia la guerra. La guerra è anticostituzionale. Fuori l’Italia dalla guerra!
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